La festa di Tutti i santi e la commemorazione dei Fedeli defunti conducono a riflettere sul duplice orizzonte dell’umanità, che viene espresso con le semplici parole “terra” e “cielo”. La prima rappresenta il cammino storico dell’uomo e della creazione; la seconda, il cielo, l’eternità e la pienezza della vita in Dio.
La Chiesa è in cammino nel tempo, ma nello stesso tempo celebra già la festa senza fine nella Gerusalemme celeste, dove vivono in eterno coloro che sono salvi. Di molti di questi si conosce il nome, perché la Chiesa stessa li propone come modelli e amici; accanto a loro sono posti, nella speranza, quei fedeli che sono morti in pace con Dio e per i quali si prega in modo particolare nelle chiese o nei cimiteri.
La fede nella vita eterna deve essere, però, completata dalla verità della risurrezione dei corpi. Su questo punto oggi è venuta meno in molti la convinzione. L’uso, ad esempio, di cremare i corpi e di disperdere le ceneri, quasi come un congiungimento con la Madre Natura, non esprime forse il contrario? La fede cristiana ha sempre invitato a conservare con rispetto il corpo, che pure va disfacendosi, esprimendo con questo gesto la convinzione che un giorno Dio, il Creatore, donerà nuovamente la vita.
Anche se divenuto cenere, un corpo umano ha pur sempre un’altissima dignità, superiore a quella degli animali o delle piante, perché è stato abitato dall’anima immortale, perché attraverso esso la persona si è manifestata e realizzata, perché un giorno parteciperà della resurrezione di Cristo. Sì, come Cristo è risorto dai morti nel suo vero corpo, così ogni uomo e ogni donna lo faranno per la grazia di Dio.
Le due giornate – la prima è anche solennità – conducono a pensare con insistenza alla condizione storica dell’uomo, tante volte descritta come quella di un pellegrino in cammino verso la Città dalle solida fondamenta. In questo viaggio nessuno è solo, come attesta la verità della comunione dei santi. Nel battesimo ciascuno è stato inserito come membro vivo nel Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa. È unito a tanti fratelli e a tante sorelle che quaggiù vivono le beatitudini del Vangelo ed è unito a tutti coloro che sono già accanto al Padre.
Essere cristiani, far parte della Chiesa, significa aprirsi a questa comunione che abbraccia terra e cielo. In questa comunione tutti ricevono e, soprattutto, danno qualcosa nell’ordine della grazia: i santi intercedono per coloro che camminano quaggiù, e questi ultimi con la preghiera, la penitenza e la carità aiutano chi si sta preparando all’abbraccio definitivo con il Padre.
Ancora, queste due giornate aiutano a comprendere quando un’esistenza umana possa dirsi realizzata; i parametri umani di ricchezza, carriera, successo appaiono totalmente insufficienti. La realizzazione sta altrove, perché la persona umana è fatta per dare concretezza a Dio: mani, cuore, intelligenza, tutto può servire per permettere a Dio di incarnarsi ancora e servire i Suoi figli. La persona diviene così uno strumento libero affinché Dio possa agire ancora nella storia. E un solo gesto di carità ha il senso di una vita realizzata.
La carità è l’altro nome della santità. “Ogni cristiano – ha recentemente ricordato Papa Francesco – è chiamato alla santità e la santità non consiste anzitutto nel fare cose straordinarie, ma nel lasciare agire Dio” (udienza, 2 ottobre 2013). La santità è l’incontro tra la debolezza dell’uomo e la forza della grazia di Dio, è avere fiducia nella sua azione, che permette di fare tutto con gioia e umiltà per la gloria di Dio e nel servizio del prossimo.
Le origini della festa
Una sintesi dell’origine della festa di Tutti i santi si trova nel sito www.catechista.it. “La solennità – vi si legge – trae la sua origine dalla dedicazione al culto cristiano del Pantheon di Roma: nell’anno 610 esso fu dedicato alla Vergine Maria e a tutti i Santi. Anche in Oriente si celebravano tutti i Santi, nella prima domenica di Pentecoste. Fu Gregorio IV che nell’anno 835 stabilì la celebrazione della festa il 1° novembre”. Ma a curiosare nella Storia emergono altri elementi, anche discordi con quelli sopra elencati. Un ruolo particolare lo avrebbero giocato i monaci di Cluny. Senza contare le antiche radici della festa, dato che il culto dei morti è un fenomeno antichissimo.