Egregio Direttore, intervengo a proposito delle prese di posizione che sono apparse sul nostro settimanale contro le tesi che Adolfo Barbi ha sostenuto sul periodico ceraiolo Via ch’eccoli.
Mi riferisco a quello che ha scritto don Giuliano Salciarini sulla pagina di Gubbio del n. 18 de La Voce e alla lettera del prof. Cirotto, pubblicata sulla pagina ‘Lettere & opinioni’ del n. 19. Io sono dalla parte del prof. Barbi; so di non essere imparziale, perché Adolfo, al di là del fatto che lo contesto anche io su certe sue ‘cantonate’ (come la pervicacia con la quale nega validità al volumetto di mons. Braccini sul Dito di sant’Ubaldo a Thann), è uno degli eugubini che stimo di più, un vero signore, che conserva ed esalta il meglio della nobile casata dalla quale proviene, cioè la signorilità più schietta.
Primo, sono dalla sua parte sul piano dei valori: quello che Barbi ha scritto su Via ch’èccoli mi trova consenziente; neanche io vorrei che la festa dei Ceri diventasse un festa religiosa, ma che la matrice religiosa di questa nostra festa, ricca di tante matrici diverse (ludica, civica, amicale, di quartiere, ecc.), si mantenesse viva e crescesse, senza peraltro assorbire e annullare le altre. Barbi (e lo dico come uno che con lui celebra ogni settimana l’eucaristia) vuole salvare la componente laica della festa; si tratta di quella laicità positiva sulla quale il 16 settembre 2008 hanno convenuto il presidente Sarkozy e Benedetto XVI, durante la visita di quest’ultimo a Parigi, al Collège des Bernardins, davanti ad oltre 700 storici, filosofi, scienziati, intellettuali, artisti. Bisogna salvarla, questa laicità dei due poteri che s’incontrano senza genuflettersi, ‘perché – hanno detto il Papa a il marito della Carla – garantisce la libertà reciproca’.
Secondo, sul piano della diagnosi storica: quello che Barbi ha scritto su Via ch’èccoli a proposito della storia della nostra grande festa è discutibile, nel senso letterale della parola. In latino gli aggettivi in –ilis indicano possibilità al passivo: facile = che può essere fatto; ‘nobile’= che può essere conosciuto; ‘discutibile’ che può essere discusso.
Discutiamone, dunque! Ma con i documenti alla mano, come ha fatto lui nella splendida collana dei suoi volumetti sulla storia dei Ceri, e lasciando a casa le tentazioni giustizialiste e le richieste di scuse, che in una questione del genere surroga l’appuntamento a domattina all’alba, dietro l’abside della chiesa, si porti i padrini e scelga lei l’arma.
A proposito dei Ceri… io mi preoccuperei di ben altro. Primo, mi preoccuperei del feticismo dilagante. Gli oggetti legati ai Ceri godono di un culto immeritato da parte di qualsiasi oggetto. Secondo, mi preoccuperei, sul laicissimo piano della buona educazione, delle bestemmie che continuano a ritmare la nostra festa, più ancora di tamburini.
Certo, nonostante tutto la festa dei Ceri rimane la più bella del mondo. Ma’ che pena sentire questa gente, per altri versi degnissima, che butta fuori dalla bocca quello che dovrebbe uscire dall’altro capo del tubo digerente!