Ferraù torna nel duomo di Todi

Todi. Dopo 150 anni riprendono il loro posto le tele di fine Cinquecento

Dal 6 giugno scorso, festa del Corpus Domini, il duomo di Todi – terminati importanti lavori di consolidamento, restauro e adeguamento funzionale, in particolare per quanto concerne il rifacimento dell’impianto di riscaldamento – è stato riaperto al pubblico. È tornato a mostrare la maestosa bellezza architettonica con i suoi tre rosoni sulla facciata romanica, i tre portali e le tre navate, il soffitto a capriate formato da travi in legno e lo splendido Giudizio universale del Ferraù da Faenza sulla controfacciata, con al centro dell’abside lo splendido crocifisso ligneo del 1200, il coro anch’esso ligneo di Antonio da Bencivenga del 1530 e il bellissimo organo opera del celebre maestro Morattini che dev’essere ancora restaurato e attivato.Dopo gli importanti lavori nel duomo di Todi, relativi alla bonifica della pavimentazione, a cui sono seguiti lo scorso anno gli interventi di messa in sicurezza delle lastre di piombo di copertura dell’abside e dei coppi del tetto, terminati con la pulizia della parete laterale e dell’abside, giunge ora una ulteriore bella notizia: dopo 150 anni rientra in duomo il ciclo di pale d’altare del Ferraù da Faenza nella navata di sinistra. La notizia ci è stata fornita dall’ing. Antonino Mannaioli, presidente della Fabbriceria denominata Sagrestia della concattedrale di Todi, ente giuridico preposto alla conservazione e all’amministrazione della basilica della Santissima Annunziata (duomo) e da don Francesco Valentini, direttore dell’ufficio per i Beni culturali della diocesi di Orvieto-Todi, i quali si sono avvalsi della consulenza scientifica del prof. Maurizio Marabelli, membro del Consiglio della Fabbriceria. La storiaLe sei tele, dipinte dal “Faenzone” su commissione del vescovo Angelo Cesi nel 1597 – informa Mannaioli – vennero spostate dagli altari di provenienza e poste nella Chiesa di San Fortunato nel 1869 a seguito dei lavori di restauro della cattedrale, iniziati nel 1850. Da lì, successivamente, cinque tele migrarono verso la Pinacoteca comunale ed una, quella dell’Assunzione della Vergine, verso la chiesa parrocchiale di Ponte Rio, ove rimasero fino a quando la Fabbriceria ha esercitato nel 2006 il diritto di restituzione. Dalla scorsa settimana i dipinti provenienti dalla Pinacoteca sono di nuovo visibili nel luogo per il quale erano stati pensati, anche se in assenza degli altari originali che vennero eliminati con l’intervento del 1958. A breve – aggiunge Mannaioli – andrà ad essere aggiunta la sesta pala, che dovrà essere sottoposta ad intervento di restauro, in contemporanea con la realizzazione di un opportuno impianto di illuminazione, in grado di garantire un’adeguata valorizzazione dei dipinti insieme alla piena fruibilità da parte dei visitatori e di quanti sono interessati allo studio delle stesse. Va infatti ricordato che la valenza artistica dei dipinti ha destato notevole interesse nel mondo scientifico. Per iniziativa della facoltà di Scienze matematiche e fisiche, dipartimento di Chimica dell’Università di Roma “La Sapienza”, le tele sono state sottoposte a indagini multispettrali e sono state svolte anche di tesi di laurea al fine di meglio studiare la tecnica pittorica del Ferraù.

AUTORE: Antonio Colasanto