Nelle “Considerazioni finali 2014” il governatore della Banca d’Italia Visco afferma che la ripresa “si è avviata”. Tuttavia il quadro economico continua a presentare elementi di preoccupazione: una disoccupazione elevata (12,4%), nonché un ingente volume del debito pubblico (2.194 miliardi): nei primi quattro mesi del 2015 lo stesso è aumentato di circa 60 miliardi. Si pensi, per un confronto, che il c.d. “bonus Renzi” vale circa 10 miliardi l’anno.
Di fronte a questi numeri ci si chiede come riattivare un’economia di crescita. Oltre al necessario buon andamento sostanziale delle istituzioni e della pubblica amministrazione, pare opportuno indicare tre ambiti su cui lavorare, meritevoli di particolare attenzione.
1) “Terzo settore”. Nell’attuale contesto (e soprattutto nel campo del welfare) diventa quanto mai essenziale praticare politiche di sussidiarietà che consentano agli enti no-profit di sviluppare il loro potenziale. La riforma normativa in atto potrebbe essere un aiuto in tal senso.
2) Fisco, con particolare riguardo al recupero dell’evasione. Esistono varie indagini che stimano l’imponibile sommerso in volumi superiori ai 200 miliardi all’anno; le imposte evase toccano verosimilmente una cifra intorno ai 90 miliardi. Su questo versante occorrerebbe lavorare di più per diminuire l’utilizzo del denaro contante (“war on cash”).
3) Famiglia (sul cui è opportuno, per la sua importanza, soffermarsi con più attenzione). Essa è la cellula fondamentale ed insostituibile della struttura sociale, luogo primario di produzione del “capitale sociale” di una comunità. Attualmente la famiglia vive un momento di particolare difficoltà, in quanto ai problemi economici dovuti alla crisi si assomma un diffuso smarrimento sul senso di questa istituzione: oggi circa il 31% dei matrimoni finisce prematuramente.
Questa cifra dell’instabilità familiare non può non far preoccupare anche dal punto di vista dell’economia. Potrebbe esservi il rischio che si sia compromessa l’aspettativa di fiducia nella stabilità del rapporto, che è essenziale per le scelte familiari, le quali sono per loro natura scelte di lungo periodo (es. figli), con importanti ricadute anche sul piano economico (es. edilizia). Conseguentemente non pare fuori luogo chiedersi quali “stimoli” per l’economia potranno risultare efficaci, nonché quale “crescita economica” potrà prodursi qualora vi fosse una significativa diminuzione della volontà di realizzazione personale in un contesto familiare coeso e duraturo. Potrebbe pertanto esistere una significativa interrelazione tra la considerazione che la famiglia riceve dalle istituzioni pubbliche, che oggi pare essere piuttosto debole, ed il tasso di stabilità familiare, nonché tra questi due fattori ed il dinamismo economico, che crea posti di lavoro.
Per favorire la crescita economica in modo stabile nel tempo è importante poter contare su un adeguato ricambio generazionale. Ma ciò che per le statistiche rappresenta una cifra percentuale di incremento della popolazione, all’interno di una famiglia è il bene inestimabile di un figlio, frutto di un complesso progetto interpersonale. Queste dinamiche, che sono al tempo stesso private e pubbliche, morali e materiali, si muovono sul crinale di una continua conciliazione tra la libertà (ed il desiderio) della procreazione e le responsabilità che ne conseguono. Esse pertanto si reggono su equilibri delicatissimi. Se è vero che i figli sono per lo stato la principale garanzia del suo futuro, tuttavia il metterli concretamente al mondo presuppone per i genitori un impegno solidale e reciproco di lunga durata. Ma potrebbe essere sempre più difficile trovare chi voglia prendersi tale impegno se il sostegno pubblico alla famiglia – specialmente quello connesso ai figli – è debole e se circa il 31% delle unioni va in crisi. Peraltro già abbiamo un tasso di fecondità (1,39) tra i più bassi di Europa.
La famiglia sta alla base della società e dello stato, e non viceversa. Si può dunque convenire che tutto ciò che faccia bene alla famiglia faccia bene allo stato, e che il favorire la famiglia possa porre le basi per una economia in qualche misura meno soggetta ad oscillazioni congiunturali. Su questo tema vi sono alcuni aspetti sui quali si potrebbe lavorare (tenendo presente che il sostegno alla famiglia non si esaurisce con provvedimenti di favore verso le responsabilità genitoriali, pur costituendone un’aspetto qualificante):
a) promuovere e consolidare una legislazione pro-famiglia (come conseguenza degli artt. 29-30-31 della Costituzione) che valorizzi adeguatamente l’impegno di entrambi i coniugi; dare priorità nell’assegnazione di risorse pubbliche alla formazione ed al sostegno della famiglia (evitando che le convivenze siano economicamente più convenienti);
b) rivedere provvedimenti (es. divorzio breve) che rischiano di banalizzare l’istituzione familiare: senza famiglie forti nella comunione e stabili nell’impegno, i popoli si indeboliscono” (Dsc n. 213). In tale contesto anche l’introduzione di nuovi modelli familiari (es. civil partnership) dovrebbe essere attentamente soppesato dal legislatore;
c) riformare il sistema tributario in modo da realizzare un effettivo sostegno alla famiglia, specialmente all’aumento del numero dei figli; i sistemi tariffari di utenze e servizi (es. acqua, luce, gas, etc.), dovrebbero rifondarsi in termini di consumi equivalenti e non assoluti, al fine di stimolare consumi virtuosi anziché penalizzare i nuclei più numerosi;
d) adottare tutte quelle iniziative (bonus scuola, conciliazione famiglia-lavoro, agevolazioni tariffe locali, etc.) che possano favorire la vita quotidiana della famiglia.