Un argomento di estremo interesse quello trattato nell’ultima riunione del Cif il 24 gennaio: l’eutanasia, considerata nei suoi aspetti etici e giuridici. Relatrice Francesca Barone, docente di medicina legale e biochimica presso l’Università di Perugia. Premettendo che è ormai in preparazione una legge sull’argomento, Barone ha messo in evidenza come nel relativo dibattito ci sarà la possibilità di vedere prospettata una duplice morale, quella cattolica e quella laica, contrapposizione che viene a negare l’esistenza di una morale valida per tutti. E’ passata poi a esaminare le varie definizioni date all’eutanasia quali “buona morte”, “morte indolore”, “eliminazione di accanimento terapeutico”, rilevando che c’è una mancanza di definizione precisa aggravata poi dal concetto del “diritto a morire con dignità” affermatosi nel 1973 in Francia. L’equivoco, ha osservato la relatrice, consiste qui proprio nel dichiarare non degna dell’uomo la morte legata alla sofferenza. Se è difficile dare una definizione precisa dell’eutanasia, ha aggiunto, questa resta comunque la soppressione indolore di una persona gravemente sofferente, attuata dal personale sanitario o con l’aiuto di questo. Uno dei motivi che la giustificano, per i suoi fautori, è la pietà, ma resta in realtà un atto di soppressione volontaria alla base del quale vi è una concezione ideologizzata della qualità della vita, concezione che ha sostituito quella del valore della vita umana. E’ da non dimenticare che ci si trova di fronte a un invecchiamento progressivo della popolazione, fenomeno in cui l’eutanasia può venire a far parte di un programma di prevenzione. Esaminando i primi casi dichiarati di soppressione volontaria e giungendo fino al “Manifesto dell’eutanasia”, che porta la firma di ben tre premi Nobel, la conferenziera ha messo in evidenza come le attuali leggi del Parlamento europeo restino ambigue esaltando, senza entrare in dettagli maggiori, l’autonomia dei pazienti. In Italia la situazione giuridica è stata finora determinata dall’art.32 della stessa Costituzione, dagli articoli 593 del codice penale, relativo all’omissione di soccorso, e dall’art. 5 del codice civile che vieta atti lesivi al proprio corpo. E vi è inoltre l’art. 36 del codice di deontologia medica che impedisce al medico di effettuare o favorire trattamenti che implicano la morte. Ora però nella Consulta di Bioetica è stato affermato il diritto all’autodeterminazione del cittadino anche disponendo le proprie volontà anticipatamente, eventualmente per scritto. Tutto fa pensare che presto ognuno si trovi a dover prendere una posizione sul piano etico, e eventualmente anche nella realtà pratica, su questo argomento che implica una scelta fra la vita e la morte. Non può esserci dubbio per i cattolici, e nella loro determinazione saranno sicuro riferimento le parole di Giovanni Paolo II al proposito: “Nessun dottore, nessuna infermiera, nessun essere umano in modo assoluto è l’arbitro della vita umana, né della propria, né di quella di un’altra persona”.