Luca Diotallevi, nato a Terni nel 1959, è professore associato di Sociologia all’Università ‘Roma Tre’. Laureatosi in filosofia a ‘La Sapienza’, ha trascorso periodi di studio alle università di Bielefeld, Harvard e Oxford. Tra i suoi lavori più recenti, Il rompicapo della secolarizzazione italiana (Rubbettino) e la voce ‘Church’ (Chiesa) per la nuova Blackwell Sociological Encyclopedy.
Prof. Diotallevi, cos’è Terni oggi?
‘È soprattutto una città che si conosce poco. Da una monocultura industriale sta passando a qualcos’altro. Ma quale sia l’approdo non è ancora chiaro. Il rischio è cadere in un terziario ‘basso’, improduttivo. Oppure c’è la possibilità di una sintesi ‘alta’ fra terziario di qualità e l’industria. Di certo, tale smarrimento dell’opinione pubblica è legato allo scarso livello delle classi dirigenti, di tutte le classi dirigenti’.
Ad alcuni, la sua agenda è sembrata a metà strada fra uno studio e un programma elettorale…
‘Il ceto politico ternano non è abituato a ragionare per programmi, ma per posizioni ideologiche. Non hanno subito compreso che la nostra agenda ha indicato il ‘che’. Altrimenti detto: per noi le priorità sono queste: adesso toccherebbe alle classi dirigenti ternane risolvere i problemi, indicandoci il ‘come farlo’. Devono dircelo i politici, gli amministratori, l’università, l’economia’ Il problema vero è che alcuni, specie i politici, si sono sentiti spossessati del monopolio di ragionare sulla città. Ma ciascuna istituzione, a modo suo, può dire qualcosa sulla città’.
Il sindaco Raffaelli ha criticato soprattutto la centralità data nella sua agenda alla Thyssen-Krupp.
‘Legittima la contestazione di Raffaelli. Ma, per noi, la Tk è una delle cose che serve alla città, con cui andare verso il futuro. La Tk di oggi è una multinazionale con ha grosse potenzialità di rete con la chimica, la siderurgia, la meccanica e la cultura di Terni e della Conca ternana’.
Lei ha anche ravvisato una perdurante egemonia della classe dirigente perugina. La presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti, l’ha contestata.
‘Però in 38 anni di Regione il dislivello fra province è solo aumentato. La Regione, quindi, non è riuscita nella sua opera riequilibratrice. Due esempi: una legge elettorale basata sulle province già conferisce ai perugini una marcia in più. È innegabile poi che la Regione ha sempre difeso il monopolio universitario di Perugia’.
E adesso, che succederà?
‘Si procederà capendo che non esiste una sola istituzione che può contare. In questo senso, neanche la Chiesa si candida a guidare il processo di rinnovamento, perché non può farlo. Ecco perché occorre istituzionalizzare un tempo dove la città tutta ragioni su se stessa. Non deve esistere più un ‘gruppetto di regia’, altrimenti la stessa idea di città sarebbe contraddetta’.