Sarà quella giusta l’idea che s’è appena affacciata dalla lampadina di sinistra della mia ultima Abat jour? Avevo ipotizzato: e se nelle circa 700 (settecento) ex case canoniche che in Umbria per i prossimi 100 anni non saranno più abitate da un parroco residenziale, insediassimo un’iniziativa “leggera” a vantaggio dei nostri fratelli malati di Alzheimer? Alludevo a quelli colpiti da demenza senile leggera, quelli miti, lapposi e ripetitivi, niente affatto aggressivi, come spero di non esserlo io quando si saranno irrobustiti i primi sintomi di quella malattia degenerativa, che si manifestano all’altezza dei miei 72 anni (cfr. come mi trattano quelli che mi vogliono male e anche un po’ quelli che mi vogliono bene). Don Luca qualche tempo fa ci ha detto che, nella nostra diocesi di Gubbio, tra pochi anni saranno pienamente attivi nel ministero 12-15 sacerdoti, e che i numeri per lungo tempo non cambieranno; a metà dell’800 in questa nostra diocesi i preti erano (puta caso) 120-150, ma non è che per questo il regno di Dio da queste parti avesse allora fatto giganteschi passi in avanti. Né qui né altrove. Penso alla descrizione di certe figure del basso clero milanese che ci ha lasciato il più grande poeta dialettale del nostro ’800, il meneghino Carlo Porta, confortato dal sorriso vagamente amaro del suo grande amico Alessandro Manzoni. Nel primo filone della sua produzione, quello contro le superstizioni e l’ipocrisia religiosa del tempo, il cattolico Porta disegna figure come Fraa Zenever, o Fraa Diodatt, ecclesiastici che sopravvivono ai margini del fasto del Principe al cui servizio sono addetti, asportando a volte dal retrocucina del loro paròn, grazie alle capaci saccocce della loro talare, quei robusti salami che sarebbero poi stati i pilastri della loro sopravvivenza.Gubbio, 12-15 preti per cinque zone pastorali. È chiaro che in quelle periferiche come la mia zona (la Saonda- Chiascio), con 6 diverse chiese, 6 diverse case parrocchiali (S. Marco, Padule, Torrè Calzolari, Branca, Colpalombo, Carbonesca) l’unico prete impegnato a tempo pieno dovrà imparare l’arte del canguro, uno zompo qui, uno zompo là. E se in ognuna di quelle case potesse far conto su una giovane famiglia che abita la casa e accudisce la chiesa, e gli garantisce tutti i servizi accessori, o promuove quel tanto di attività apostolica che è in grado di promuovere, e gli prepara una minestra calda quando ne ha bisogno, e il letto pulito per la pennichella pomeridiana, ecc. ecc., e accoglie, tramite una convenzione leggera con lo Stato, un gruppetto di malati i Alzheimer, dalle 9 alle 17…Dovremmo formarle, queste persone, e quella che per 10 anni è stata la “mia” Lumsa potrebbe agevolmente assumersene l’incarico, nella bellissima e funzionalissima nuova sede che il Comune di Gubbio le ha messo a disposizione nel cuore della città, ma con tutte le comodità logistiche di una periferia, e i 40 posti letto per attività micro-residenziali, con altri 40 che a breve potrebbero venie ad aggiungersi? Ipotesi sacrilega? Se è così, piego la testa e retrocedo da progettista a utente.