I vescovi dell’Umbria, come pastori delle otto diocesi della regione ecclesiastica formalmente costituita come Ceu (Conferenza episcopale umbra), per ricordare il decimo anniversario del terremoto hanno pubblicato il documento Ricostruire l’anima del territorio: 1997 – 2007. Lettera pastorale dei vescovi umbri nel decennale del terremoto (tipolitografia ‘Nuova eliografica’ Spoleto, settembre 2007, pp. 24). Il genere letterario adottato è quello della lettura sapienziale della storia, che comporta un’interpretazione del tragico avvenimento alla luce della visione cristiana della vita: ‘Dio, nella sua provvidenza, anche dal male sa far scaturire il bene’. Il bene che ne è venuto consiste nella consapevolezza della precarietà del nostro stare al mondo, dell’inconsistenza delle cose e della necessità del distacco dai beni terreni. Più ancora, il bene che ne è scaturito è lo spirito di carità, di solidarietà, di servizio che ha animato sia gli umbri che popolazioni di altre regioni, soprattutto i giovani che si sono prestati come volontari ad ogni tipo di lavoro. Su questa esperienza i vescovi si soffermano nella loro lettera, considerandola un fatto di grande significato e valore: ‘A frotte arrivarono ragazzi da ogni dove. Tutti volevano in qualche modo aiutare; qualcuno era affascinato dall’idea di un’esperienza nuova nel terremoto; altri giunsero in Umbria per via di quella rete di rapporti umani che che spesso determina le aggregazioni giovanili. Tantissimi di loro erano in ricerca del senso della vita e trovarono, nell’esercizio della carità, risposte significative e vitali’. Viene citato come un segno di speranza il secolare mandorlo che si trova davanti alla chiesa di Villamagina di Sellano, rimasto in piedi tra le rovine delle case e il dolore della gente. È a questa virtù teologale della speranza che le Chiese dell’Umbra si sono ispirate nella loro azione pastorale, nella consapevolezza che non erano crollate soltanto case, chiese e edifici pubblici, ma gli animi della gente, che rischiavano di abbattersi sotto il peso delle macerie. La fede, la preghiera e gli aiuti concreti non sono stati un fatto momentaneo ed emotivo, ma gradualmente hanno portato a un progetto di ricostruzione in senso pieno; ricostruzione anche degli animi, in una prospettiva che va oltre l’emergenza e oltre la situazione esistente prima del terremoto. In tutta la vicenda del terremoto e della ricostruzione, la delegazione regionale Caritas ha avuto un ruolo determinante di animazione e di coordinamento, a partire dal campo Caritas di Case Basse di Nocera, dove sono passati oltre 12 mila giovani. Sono nate poi altre iniziative tuttora in piedi, in Umbria e altrove. Nella lettera i vescovi rendono omaggio e ringraziamento alle istituzioni che hanno retto egregiamente la difficile situazione, dando e ricevendo collaborazione da enti privati e ecclesiastici. Nel documento, tuttavia, non si limitano a ricordare il passato, ma danno uno sguardo anche al futuro: ‘Come pastori delle Chiese ci rendiamo conto’ che l’impegno necessario per la ricostruzione dei beni materiali non basta. Ora ‘bisogna ridare anima alle persone. La sfida è molto grande’. Si rischia di cambiare la fisionomima della regione, per l’abbandono dei giovani. Anche la Chiesa si sente fortemente interpellata. È necessario superare i campanilismi e ridare un’anima a tutto il territorio, ricostruendo il tessuto sociale su quei valori universali, umani e cristiani, che hanno reso bella e grande questa terra.