Nell’Italia delle tante emergenze c’è anche quella – le cui conseguenze purtroppo sono sottovalutate – di un sistema giudiziario farraginoso che non funziona. Una normativa ridondante e confusa (il primo presidente della corte di Cassazione, Ernesto Lupo, inaugurando l’anno giudiziario ha parlato di 35 mila fattispecie di reato “da sfoltire”) e processi che non finiscono mai (ci sono 5 milioni di procedimenti civili pendenti), tanto che l’Italia ha avuto il più alto numero di condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo per la loro irragionevole durata. Processi la cui conclusione può essere costantemente rinviata con vari espedienti procedurali, che consentono agli imputati ben assistiti da costosi avvocati di usufruire della prescrizione. Soltanto nell’ultimo anno in Italia i processi cancellati dalla prescrizione sono stati 130 mila. Tanto lavoro e tempo sprecati nelle Cancellerie e nelle aule dei tribunali, carceri sempre più sovraffollate di imputati (presunti innocenti) in attesa di giudizio, parti offese e vittime dei reati che non ottengono giustizia. Giustizia che invece è uno dei pilastri della vera democrazia e che non riguarda soltanto i clamorosi fatti di cronaca nera ma soprattutto la vita quotidiana del cittadino che ha un debito da riscuotere o che è vittima dei tanti “furbetti” premiati dalla crescente illegalità sempre più diffusa. Una situazione che puntualmente ogni anno viene denunciata nelle cerimonie per l’inaugurazione dell’anno giudiziario nelle corti d’Appello. È stato così anche sabato 26 gennaio.
In questo contesto nazionale la situazione non può essere diversa in Umbria, con alcuni problemi particolari ma anche con qualche segnale positivo. Infatti il presidente della corte d’Appello di Perugia Wladimiro De Nunzio ha parlato di un bilancio annuale connotato da “poche luci e crescenti ombre”. Mancano giudici e personale amministrativo. L’organico prevede per l’Umbria 117 magistrati, ma in servizio ce ne sono 97. Per il personale amministrativo, su un organico di 531, i posti coperti sono solo 439. Solo negli ultimi due anni 44 pensionati non sono stati sostituiti. È stato così ridotto anche l’orario di apertura al pubblico di alcuni uffici delle Cancellerie. “Una nave con un equipaggio decimato – ha detto De Nunzio – rischia di essere ingestibile”. Carenze di organico che sono aggravate anche dal fatto che i magistrati di Perugia, per competenza territoriale, devono occuparsi di tutti i procedimenti penali e civili riguardanti magistrati del distretto di Roma. Indagini complesse, che spesso riguardano episodi di corruzione con importanti uomini politici indagati. Sono però soprattutto le cause civili ad avere portato da Roma – ha detto De Nunzio – un “alluvionale carico di lavoro” con la legge Pinto sulla “ragionevole durata del processo”. Ci sono – ha spiegato – anche “studi professionali specializzati in tali procedimenti” per la richiesta di risarcimenti per processi troppo lunghi, che ne hanno aumentato il numero. Così la sezione civile della corte d’Appello di Perugia viene ingolfata da questi ricorsi relativi ai ritardi nell’amministrazione della giustizia a Roma, tanto che nel settembre scorso i fascicoli ancora da esaminare erano quasi 16 mila. Insomma, si è creato un sistema processuale che allunga i tempi di svolgimento dei processi, e poi, contemporaneamente, la giusta richiesta di risarcimento da parte di chi si ritiene danneggiato da questa eccessiva lunghezza contribuisce ad alimentare ulteriormente il malfunzionamento della giustizia. Con il rischio – ha detto De Nunzio – di generare anche una pericolosa distorsione del sistema processuale, perché “spinge sovente ad anticipare, in corso di processo o di indagini, il ricorso al carcere al fine di offrire una risposta rassicurante alla percezione collettiva di insicurezza sociale”. Insomma, carceri sovraffollate da imputati in attesa di essere processati per tranquillizzare un’opinione pubblica allarmata dal problema della sicurezza in casa o per strada. Governo e Parlamento hanno cercato di affrontare la situazione con una sorta di “frenesia legislativa”. Provvedimenti talvolta “emergenziali disarticolati” – ha detto il presidente della corte d’Appello – con “accavallamenti e modifiche” che rischiano di “alimentare disservizi, incertezze interpretative ed organizzative”. Una confusione che determina “frustrazione” nel personale amministrativo, e per i magistrati “l’ingiusta accusa di essere responsabili dei ritardi della giustizia”. Accusa ingiusta – secondo De Nunzio – perché i giudici togati in Italia in rapporto alla popolazione sono la metà della media europea, e la loro capacità di smaltimeno dei procedimenti è tra le più alte.
Tra le tante “ombre” dell’amministrazione della giustizia in Umbria c’è però – come ha detto De Nunzio – anche qualche “luce”. Si sta procedendo ad una riorganizzazione degli uffici, anticipando i tempi della riforma che prevede la cancellazione di alcuni tribunali e sezioni distaccate dell’Umbria. Sono così stati accorpati ad esempio gli uffici dei giudici di pace di Narni, Amelia e Terni, mentre sta avvenendo la stessa cosa per quelli di Assisi, Città di castello, Foligno e Perugia. L’innovazione più positiva ed importante è però quella della informatizzazione di una serie di procedure che – ha sottolineato anche il procuratore generale Giovanni Galati – hanno prodotto “ottimi e brillanti risultati”. Tra le “luci” indicate dal presidente della corte d’Appello c’è anche la collaborazione con gli enti locali, alcuni dei quali hanno fornito personale per il funzionamento degli uffici giudiziari. Un impegno, questo di Regione, Province e Comuni, da estendere ed ampliare – ha auspicato De Nunzio – perché la crescita dell’Umbria richiede anche un buon funzionamento della giustizia.
Tribunale di perugia – Il problema delle “aule sotterranee”
Nella sua relazione il presidente della corte d’Appello Wladimiro De Nunzio ha detto che, grazie anche alla collaborazione degli enti locali, si stanno sistemando a Perugia le nuove sedi degli uffici giudiziari, con però un grave problema. Quello delle “attuali piccole sale di udienza sotterranee” del Tribunale penale di via XIV Settembre. Il Comune si era impegnato per la realizzazione di una nuova sala più funzionale con una spesa di 130 mila euro. Sala che però è rimasta nel libro dei sogni. “Sento – ha detto De Nunzio – di dover esprimere la profonda delusione della magistratura per questo sostanziale rinvio sine die dell’intervento per una spesa certamente non improvvisa ed imprevedibile ed obiettivamente modesta”.