di Daris Giancarlini
Una foto, ancora una foto a evocare riflessioni. Ed emozioni. Due piccoli alunni di una scuola americana vengono immortalati mentre entrano insieme alla ripresa delle lezioni dopo le vacanze: stesso zainetto in spalla, stessa divisa con maglietta rossa e pantaloni beige.
Uno è bianco e biondo, e tiene la testa bassa, gli occhi semichiusi. Ha la sindrome di Asperger, una forma di autismo. Il suo compagno, di pelle nera, lo tiene per mano e lo accompagna in classe.
Amicizia – ma anche qualcosa di più, molto di più. Divisi, i due alunni potrebbero essere molto più fragili, per via di quelle che troppo spesso vengono catalogate come negatività: la malattia dell’uno, il colore della pelle dell’altro.
Insieme, per mano, l’uno accanto all’altro ad affrontare la quotidianità, alzano uno scudo unico per proteggersi dalla marginalizzazione e dal pregiudizio. Il fatto, poi, che il legame tra i due ragazzini abbia trovato nell’aula di una scuola il luogo ideale dove svilupparsi conferma ancora una volta che la scuola non ha ancora perso quel ruolo di fattore di crescita umana che da sempre le dovrebbe essere proprio.