Due giovani perugini in Kosovo. Marco Bucaioni, 28 anni, indossa la divisa dell’Esercito italiano e a giorni festeggerà la nomina a capitano. Fernando Pioppi, trentenne, è arrivato nell’ex provincia jugoslava insieme ai volontari della Caritas. Era l’aprile scorso. Doveva rimanere solo qualche giorno e invece è ancora al campo di Radulac a lavorare per chi ne ha bisogno. Due storie di famiglia che si incrociano, in maniera del tutto casuale. Marco e Fernando sono cugini ma, a causa dei continui spostamenti dovuti alla vita militare, da qualche anno non si vedevano e non riuscivano mai a incontrarsi. Solo qualche contatto fra le due famiglie per sapere come andavano le cose. Fino a quando, a Klina, non si sono trovati l’uno di fronte all’altro, arrivati con percorsi diversi ma con la stessa intenzione di contribuire a riportare la pace tra quella gente. La storia lega insieme due realtà che potrebbero essere considerate assai distanti tra loro: Esercito e Caritas. E invece, a contatto con l’una e l’altra, militari da una parte e volontari dall’altra, si ha proprio l’impressione che stiano lavorando nella medesima direzione. Nell’arco di un paio di anni, per altro, sono aumentate molto la disponibilità e la collaborazione che i soldati della Brigata Multinazionale West (a guida italiana) offrono ai volontari di Klina, cittadina dove si trova una delle basi militari che fanno capo al comando di Pec. Così i militari sono sempre pronti ad accompagnare i mezzi dei volontari in luoghi considerati più turbolenti, ospitano i giovani nei voli dell’Esercito in arrivo e in partenza dal Kosovo, forniscono il proprio apporto per altre necessità logistiche, sanitarie e di approvvigionamento (magari portando ogni tanto al campo qualche cassa di frutta e verdura). Anche mons. Giuseppe Chiaretti, celebrando la messa proprio nella base militare di Klina, ha ricordato come questa duplice presenza in una terra così difficile sia orientata verso la costruzione della pace e della riconciliazione, anche se operando in modo diverso. Per questo, sia i militari che i volontari italiani sono tra gli stranieri più amati e ben voluti dalla gente kosovara, sia albanesi che serbi, perché sono sempre disponibili ad aiutare entrambi.