Di droga si continua a morire. La cosa, ovviamente, fa notizia, e induce a riflettere – quanto meno, a scrivere sui giornali – sul fatto che il consumo di sostanze tra giovani e adulti rimane assai diffuso, nonostante le campagne di informazione, il lavoro di pubblica sicurezza e i protocolli di intesa tra istituzioni. Che la droga faccia male, ormai, si è detto in tutte le salse e in tutte le sedi. Evidentemente non è sufficiente. Anche perché, accanto alle vecchie e nuove sostanze, si dipende sempre più dall’alcol, dal gioco d’azzardo, dal Web… Fenomeni che interessano fasce crescenti di giovanissimi, di giovani e di adulti; indicatori di un vuoto di senso, di valori, di prospettive… che, pur di riempirsi, si accontenta di quello che si trova in giro, purché sia abbastanza “forte”. Lo vogliamo dire, allora, che, al di là dei tanti palliativi tesi a ridurre i danni, la soluzione del problema è culturale e spirituale? È chiaro che si tratta non di offrire informazioni, bensì di riempire questo vuoto con qualcosa che renda la vita degna di essere vissuta.
Per noi, questo “qualcosa” è Dio. Niente di meno. Del resto, come non riconoscere – anche se non è politicamente corretto – che proporre i valori della Costituzione, le regole democratiche, la buona educazione, le vetuste tradizioni, l’impegno ambientale, la lotta per la giustizia sociale, la pace tra i popoli… non è risultato efficace? Perché tutto questo, per quanto buono e sensato, semplicemente non basta. L’hanno affermato, con parole diverse, Benedetto XVI e Papa Francesco: una cultura – una ragione – che pretenda di fare a meno di Dio e di emarginare il pensiero religioso, non va da nessuna parte. Non perché tutti si debba essere credenti e praticanti, ma perché nessuno può rinunciare a fare i conti con l’esigenza di qualcosa di assolutamente buono, di assolutamente valido, di assolutamente degno della persona umana. Qualcosa che renda piena la vita. Pena il ritrovarsi vuoti, e magari scoprire che la nostra società, fondata su una tecnocrazia figlia di una ragione immanentista, annaspa in problemi che non sa risolvere.
Nella cultura mediocremente pluralista e falsamente laica in cui siamo immersi, purtroppo, proprio queste questioni vengono giudicate irrilevanti, e i giovani incoraggiati a non perderci tempo. “Tanto – si dice – tutte le religioni sono uguali”, con un’affermazione che sarebbe ridicola, se non insinuasse che la ricerca della verità e il confronto con l’Assoluto sono – al limite – faccende private, ma che nulla hanno a che fare con gli aspetti “seri” dell’esistenza, personali e pubblici. Torniamo allora a parlare di Dio, di verità, di Assoluto, anche se sono argomenti tabù. E per favore, non accontentiamoci di proporre ai giovani “ciò che si trova attualmente in giro”. Potrebbe essere pericoloso.