A Perugia si consuma – e quindi si spaccia – droga come in qualsiasi altra città d’ Italia, dal Nord al Sud. Un problema che non può e non deve essere sottovalutato, ma che non può essere affrontato soltanto dalle forze di polizia e dalla magistratura. È un problema sociale, “conseguenza di un male del vivere, della crisi economica e della perdita di certi valori”, che ha bisogno dell’impegno di tutti e quindi anche e soprattutto delle famiglie, della scuola, delle parrocchie e delle istituzioni. “È una guerra di tutti nella quale polizia e magistratura non possono assolvere al ruolo di badanti e tutori per genitori e famiglie assenti”. Quello del prefetto di Perugia Antonio Reppucci è stato anche uno sfogo con parole dure contro l’immagime mediatica, fatta propria anche da molti abitanti e politici, di una città “capitale italiana della droga e del narcotraffico”.
Con il dramma dell’uccisione della studentessa inglese Meredith Kercher, Perugia è diventata il set di una fiction internazionale su un delitto consumato in un mondo di giovani che vivono tra orge, droga e alcol. Una immagine mediatica “apocalittica e esagerata” – ha detto il prefetto – che è stata riproposta recentemente dalla trasmissione televisiva Anno uno dell’emittente La7. Facendo arrabbiare anche il prefetto, il quale, passate le elezioni (per evitare strumentalizzazioni), ha convocato i giornalisti, presenti anche il procuratore generale Giovanni Galati e i vertici delle forze di polizia locale.
Una “sceneggiatura squallida” quella de La7 – ha detto il procuratore generale Giovanni Galati – “con le immagini di siringhe in un parco cittadino, di uno spacciatore e di un ubriaco che potevano essere le stesse di una qualsiasi altra città”.
“Non vogliamo minimizzare il problema del consumo della droga” ha sottolineato più volte il prefetto. Un problema che certo esiste anche a Perugia. Per la sua posizione geografica e per la facilità dei collegamenti, arrivano acquirenti anche dalle regioni confinanti. Ma, secondo il prefetto, sono forse solo un 10-15 per cento: “A consumare la droga sono soprattutto gli ‘indigeni’”.A Perugia ci sono reti di spacciatori al minuto, ma non c’è alcuna “centrale” del narcotraffico come si continua erroneamente a sostenere.
E le statistiche che collocano Perugia ai vertici della classifica nazionale per il numero di morti per droga in rapporto agli abitanti? “Non credo a queste statistiche poco scientifiche – ha risposto – fino a quando non ci saranno metodologie di indagine valide per tutto il territorio nazionale”. Ci sono Asl attente come quelle dell’Umbria – ha spiegato – che segnalano sempre le morti sospette, e altre di realtà territoriali diverse che invece non lo fanno. C’è poi anche il fatto che Perugia e l’Umbria sono sempre state zone con un basso indice di criminalità, per cui – ha detto il prefetto – “c’è gente psicologicamente impreprata” ad affrontare il problema della sicurezza, che è aumentato ma che non è affatto più grave del resto del Paese.
Nel centro storico di Perugia, poi, ad agevolare la diffusione dello spaccio è stato lo spopolamento: con “la destertificazione è arrivato il degrado”. Abitazioni rimaste vuote e affittate “in nero” a persone non sempre raccomandabili, edifici occupati abusivamente. Con la collaborazione del Comune, sono aumentati i controlli, mentre le forze di polizia, supportate da Reparti speciali, hanno intensificato l’attività di prevenzione e repressione dello spaccio e degli altri reati, ottenendo risultati importanti.
La situazione – ha detto Reppucci – è infatti migliorata: i morti per droga sono diminuiti, e sono aumentati gli arresti e gli allontanamenti e le espulsioni di spacciatori e clandestini. Sempre in tema di sicurezza, grazie allo straordinario impegno delle forze di polizia, negli ultimi tempi sono diminuiti anche i furti e sono stati stroncati con tempestività i tentativi di infiltrazione delle mafie nella nostra economia anche se, a causa della crisi, i rischi sono sempre alti e – ha detto – “non dobbiamo abbassare la guardia”. Purtroppo – ha proseguito – gli organici delle forze di polizia sono gli stessi da dieci anni. “Vorremmo fare di più, ma la ‘coperta’ è questa, e lavoriamo con quello che abbiamo”.
Anche certe norme e certe riforme legislative, come quella dell’affidamento in prova per 4 anni – ha osservato il procuratore generale Galati – “non aiutano. C’è un po’ troppa confusione”. Qualche volta – ha aggiunto il prefetto – “ci sembra di giocare a guardie e ladri. Poliziotti e carabinieri si ritrovano davanti a persone che magari erano state allontanate dall’Italia poche settimane prima”. Purtroppo anche la instabilità dei Paesi nordafricani e asiatici – ha concluso – sta aggravando la situazione.
Quando i genitori giustificano i figli: “Ma via, per uno spinello…”
Quella che il prefetto Antonio Reppucci chiama “guerra alla droga” deve essere combattuta anche sul piano sociale. Ogni lunedì – ha detto – vediamo aumentare il numero degli automobilisti denunciati nel fine settimana per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto degli stupefacenti. In provincia di Perugia ogni anno mediamente vengono segnalate alla prefettura 500 persone per uso personale di stupefacenti. Il 90% sono uomini; in gran parte giovani, tra i 18 ed i 30 anni. Ma ci sono anche adulti, insospettabili professionisti. Gli stranieri sono circa il 20%. “Quando convochiamo i genitori – ha raccontato il prefetto – spesso ci sentiamo dire: ‘Ma via, per uno spinello…’. È questa decadenza della potestas genitoriale che ci preoccupa. Io, da genitore, i miei figli li prenderei a schiaffi… La droga, lo sballo sono anche il risultato del fallimento dei genitori. Mamme – ha detto il prefetto -, guardate in fondo agli occhi i vostri figli!”. Anche il dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere ha fatto passare il messaggio sbagliato che non tutta la droga fa male. E così succede che durante una cena di studenti per seguire le partite dei Mondiali si cucina una torta alla marijuana e 4 dei commensali finiscono all’ospedale di Perugia con dolori al petto, tachicardia e giramenti di testa. “Lavoriamo tutti insieme – è stato dunque l’appello quasi accorato del prefetto. – Continueremo ad andare nelle scuole per parlare con i giovani. E basta invece ai tanti, troppi convegni accademici che lasciano il tempo che trovano. Dobbiamo invece fare, faticare, sudare. Senza illusioni, perché una società a consumo zero di droga purtroppo non esiste. Ma è proprio per questo che non dobbiamo mollare”.