‘Se l’attuale trend climatico dovesse persistere nei prossimi decenni ci si deve aspettare per l’Italia centrale e quindi per l’Umbria una sensibile riduzione delle risorse idriche’. Era il dicembre del 1994. Walter Dragoni, docente di idrogeologia all’Università di Perugia presso il dipartimento di scienza della terra, pubblicava con A.M. De Felice, un articolo su ‘Acque Sotterranee’ relativamente a considerazioni sulle future disponibilità idriche in Umbria. A distanza di quasi dieci anni la situazione attuale, segnata dalla siccità anche nella nostra regione, non meraviglia certo il docente. ‘Questo fatto non mi ha colto di sorpresa – afferma Dragoni – ma non lo so se ha sorpreso le istituzioni. Da un certo punto di vista le cose sono continuate come se non ci fosse questo trend in discesa. E’ stata vista più che altro come una ‘fisima’ scientifica accademica. E’ anche vero che dieci anni fa, quando se ne cominciò a parlare, non si era ancora completamente sicuri di ciò al cento per cento, anche se i segnali erano quelli di una diminuzione della piovosità e di un leggero aumento della temperatura’. In quella indagine, dal valore quasi profetico, si faceva riferimento anche alle dighe di Montedoglio sul fiume Tevere e della diga di Casanuova sul fiume Chiascio, due opere progettate nel secondo dopoguerra a fini irrigui per un’area tra Toscana e Umbria, e all’epoca non entrate in funzione. E si ipotizzava che l’acqua effettivamente disponibile – alla luce del mantenimento di quel trend – fosse di ‘circa il 25 per cento inferiore a quella che risulta dai calcoli di bilancio idrico, basati sui dati del trentennio 1931-1960, e sui quali furono presumibilmente basati i progetti delle due dighe’. Dieci anni fa e, a maggior ragione oggi, dovrebbero essere quindi riconsiderati i volumi d’acqua effettivamente a disposizione negli invasi per evitare previsioni sballate di approvvigionamento. La siccità fa sentire i suoi effetti in tutta la regione ma la ragione principale è molto semplice ‘piove di meno – dice il docente – e questo è un fattore che riguarda tutta l’Umbria e la tendenza proseguirà nei prossimi anni’. Per il Trasimeno ‘non è semplice trovare una soluzione – ricorda Dragoni – ma noto che c’è molta sensibilità da parte della Provincia di Perugia. I prelievi degli agricoltori – a mio avviso – incidono fino ad un massimo di 10 centimentri anche se altri sostengono fino a 20 centimetri. Ma non si può dire all’improvviso: fermiamo l’irrigazione. L’agricoltura ha bisogno di acqua e le colture devono essere programmate a distanza di mesi’. Il docente dell’ateneo perugino sottolinea un altro fattore storico che penalizza il Trasimeno: l’evaporazione. ‘Non va dimenticato che fa perdere oltre un metro all’anno’. In questo quadro la situazione dell’Umbria non è rosea ma è simile alle altre regioni dell’Italia centrale. Per valutare, con un pizzico di malizia, quello che è (o non è) stato fatto nel settore idrico negli ultimi anni, vale la pena di riprendere un passaggio delle considerazioni finali riportate nell’articolo del 1994. ‘Appare evidente la necessità di una ripianificazione dello sfruttamento delle risorse idriche, anche nel caso che le stime qui fornite siano pessimistiche. Tale ripianificazione dovrebbe basarsi sul presupposto cautelativo che nei prossimi decenni ci sia una diminuzione non trascurabile delle risorse idriche rinnovabili, su una migliore conoscenza delle variazioni climatiche in atto e su osservazioni idrometereologiche sperimentali continue ed accurate. E’ fondamentale che queste vengano ricavate in maniera continuativa da sistemi rappresentativi di varie situazioni climatiche ed idrogeologiche’.
Dragoni: Manca l’acqua? Lo si sapeva già dieci anni fa
Il docente di idrogeologia commenta la situazione di crisi idrica in Umbria
AUTORE:
Romano Carloni