“Progetto rete” è un nuovo strumento per capire dove va la società italiana. Lo hanno ‘inventato’ in Caritas italiana decidendo di raccogliere e confrontare i dati delle attività dei Centri d’ascolto attivati dalle Caritas diocesane. Nel prossimo gennaio sarà pronto il rapporto che raccoglie i dati delle Caritas delle diocesi umbre, ma intanto un primo rapporto nazionale è stato presentato in occasione della Giornata Internazionale della povertà (17 ottobre 2004). Dal primo rapporto “Vuoti a perdere” emerge un quadro nazionale che richiede interventi adeguati. “I nuovi poveri crescono perché non ci si cura abbastanza dei vecchi poveri” ha dichiarato mons. Vittorio Nozza, direttore di Caritas Italiana, specificando che il fenomeno della diffusione della povertà ha carattere mondiale e che da esso non è esclusa l’Italia. “Anche da noi – ha aggiunto mons. Nozza – servono strumenti di lotta alla povertà. Occorrono livelli essenziali di intervento sociale per costruire una rete protettiva universale che aiuti gli ultimi a rientrare in campo e impedisca ad altri di cadere”. Chi sono oggi i poveri in Italia? Disoccupati, emarginati, migranti, analfabeti. Ma anche diplomati, famiglie monoreddito con più figli, pensionati. Sempre più giovani e sempre più donne, soprattutto tra gli immigrati. Questa è la realtà fotografata dal Progetto Rete nazionale dei Centri di Ascolto e degli Osservatori delle Povertà e delle Risorse, promosso nel 2003 col l’obiettivo di rilevare in modo sistematico situazioni di povertà ed esclusione sociale delle persone che si rivolgono ai servizi collegati alle 222 Caritas diocesane italiane. Fino ad oggi hanno aderito alla Rete 150 diocesi italiane. Il monitoraggio relativo al trimestre gennaio – marzo 2004 riguarda 14 diocesi del Nord, 30 del Centro e 28 del Sud. Sono stati elaborati i dati delle 11.696 persone che si sono rivolte ai Centri di Ascolto delle diocesi in questione. Questi alcuni dei dati nazionali che emergono da questo osservatorio permanente. L’80% delle persone che si sono rivolte ai Centri di Ascolto ha tra i 20 e i 60 anni (gran parte tra i 30 e i 40 anni); il 54% è costituito da donne. Sono numerosi celibi e nubili (33%), ma è più consistente la quota di coniugati (46,5%). Più del 15% sono senza fissa dimora, il 51,3% vive con dei familiari, il 27,2% con conoscenti, il 21,5% vive solo. Il 62,6% degli “utenti” non sono italiani e di questi circa il 40% è senza permesso di soggiorno. Significative poi le differenze tra italiani e stranieri. I cittadini stranieri che ricorrono ai Centri di Ascolto sono più giovani (più del 90% ha tra 20 e 55 anni), in prevalenza donne (55,7%), in maggioranza coniugati (53,6%) e con un titolo di studio medio – alto. I tre quarti sono disoccupati, rispetto al 58% dei cittadini italiani. Significativa tra gli italiani è invece la presenza di pensionati: circa il 13%, cioè uno su otto. Situazioni legate al reddito, al lavoro e all’alloggio, spesso interconnesse, rappresentano 1 % delle povertà dichiarate. Circa l’8% sono relative a problemi familiari, soprattutto separazioni e conflitti tra genitori e figli. I Centri Caritas hanno offerto un ascolto attento, sostegno economico e alimentare, ma anche animazione promozionale, cioè coinvolgimento della comunità, e segretariato sociale, cioè orientamento ai servizi dei territorio.
Dove va l’Italia?
Dai centri di ascolto delle Caritas arrivano segnali di un aumento della povertà delle famiglie. Lo rileva il rapporto "Vuoti a Perdere" del Progetto Rete Nazionale
AUTORE:
Francesca Carnevalini