Il Vangelo di domenica ci presenta, nella versione lucana, la chiamata di Pietro ad essere apostolo di Gesù e con lui i suoi compagni pescatori. Il Messia ha iniziato la sua predicazione pubblica e ci sono folle ad ascoltarlo. Pietro è un uomo concreto e non sembra interessato alle sue parole, per quanto belle. C’è qualcosa di più urgente che gli preme. La pesca della notte è andata male. Per un pescatore non riportare niente è un fallimento professionale, ma, ancor più, è la prospettiva di una pancia vuota per sé e la sua famiglia. Possiamo immaginarci la mestizia e lo scoraggiamento con cui sta pulendo le reti dopo una notte in bianco e inutile. Magari prova anche fastidio per le parole di Gesù che chiamano alla conversione, all’amore, alla salvezza.
Gesù, però, non rimane indifferente al suo dolore. Non è lontano dalla fatica umana. Ognuno di noi ha le sue personali ‘notti infruttuose’, i momenti di scoraggiamento in cui una fatica senza senso sembra soverchiarci. Può essere proprio quello il momento in cui Gesù vuole raggiungerci e salire sulla nostra barca. Quella barca che per noi è vuota, inutile e talvolta maledetta, è il luogo di cui Dio vuole prendere possesso. È proprio questo che fa con Pietro: raccogliendolo dal fondo del suo scoraggiamento si fa bisognoso di lui e della sua barca. La sterilità dell’imbarcazione, acquista una fecondità nuova. Incapace di prendere pesci, diventa il pulpito di una parola nuova, di un insegnamento che sta per cambiare il mondo. Pietro è un uomo concreto, ma anche schietto e lineare.
Di fronte alla delicata richiesta di Gesù non rimane ripiegato sulla propria amarezza, ma acconsente con docilità. Lascia in sospeso ogni brutto pensiero e si ritrova, suo malgrado, ad ascoltare Gesù, al suo fianco. Interroghiamoci su quanto anche noi sappiamo essere docili e aperti alla Sua parola, oppure, nel momento dello sconforto, rimaniamo piegati sulle nostre recriminazioni, in un dolore che ci fa chiudere in noi stessi e serrare gli ormeggi.
Finito di parlare, Gesù ha ancora ben presente lo scoraggiamento di Pietro. Anzi, ci sembra quasi che sia lì per quello, e la predicazione sia stata tutta una scusa per essere su quella barca. Quello che gli preme è Pietro e i suoi compagni: il fratello Andrea, i soci Giacomo e Giovanni. Gli preme la loro pesca, cioè la concretezza della loro vita, i loro desideri, le loro aspirazioni. Entra nella loro vita con la sua parola, certamente, ma anche prendendosi cura tangibilmente del loro sconforto.
Come abbiamo visto tre settimane fa a Cana quando ha trasformato acqua in vino, compie anche ora un miracolo di abbondanza. Fa traboccare la barca di pesci, restituisce gioia laddove c’era sconforto. C’è però un presupposto per questa sovrabbondanza di grazia: avere fiducia in Lui.
Pietro si fida del consiglio di pesca di un falegname. Dovrà essergli sembrato insensato: il lago non ha dato nulla per tutta la notte e ora, sulla parola di un uomo che non conosce il mestiere, dovrebbe gettare le reti in un’ora sbagliata per la pesca. Comunque lo fa, si fida, e non sbaglia. Quanto anche noi siamo capaci di fidarci così, quando sentiamo di avere le nostre reti vuote? Lo stile di Gesù è quello di non togliere la fatica della pesca e di fidarsi di Lui oltre la nuda e cruda razionalità umana.
Anche nelle nostre vite siamo chiamati a non lasciarci schiacciare dai nostri calcoli razionali. Gesù vuole riempire le nostre reti, ci vuole donare un’esistenza piena, ma forse compiendo gesti e facendo scelte fuori dagli schemi. Ci vengono in mente tante possibilità: un perdono ad un torto subito, dato contro ogni legittimo rancore; aprire la propria famiglia ad una vita nascente, contro ogni ‘convenienza’ economica e gestionale; la fiducia nella Provvidenza di Dio di fronte al lavoro che manca o ad una malattia che piomba nelle nostre vite. Scelte non facili, in cui rimane a noi tutta la fatica di tirar su le reti, confidando però in qualche barca accanto che possa aiutarci. Rimane a noi però anche la gioia, quella vera, che solo la compagnia di Gesù e la sua azione nella nostra vita possono darci. Lui è capace di trasformare le nostre vite: Pietro e gli altri rimarranno pescatori, ma non più per la propria sussistenza.
Diventeranno pescatori di uomini, cioè capaci di dare la vita ad altri e non soltanto a se stessi. Per fare questo, però, Gesù chiederà loro tutta la vita: essere disposti a lasciare tutto ed essere suoi. È quello che, pur rimanendo ciò che siamo, chiede anche a noi oggi.
D’ora in poi sarai pescatore di uomini
Commento alla liturgia della Domenica “FIRMATO" Famiglia V Domenica del tempo ordinario Anno C
AUTORE:
Paolo Tomassoni Alessandra Giovannini