“Dopo tutto quello che abbiamo sentito, quasi mi vergogno a fare questa domanda: quale è la strada per uscire da questa situazione?”. A fare la domanda, venerdì scorso in un’affollata sala di palazzo Cesaroni, è stato Raniero, studente del liceo scientifico “Alessi” di Perugia. Uno dei circa 130 allievi di sei tra licei e istituti tecnici che hanno partecipato all’incontro “L’evoluzione della corruzione, da Mani pulite a oggi: che cosa è cambiato”, promosso dal Consiglio regionale nell’ambito del progetto “Educazione alla legalità”. Domanda rivolta a tre importanti relatori: Piercamillo Davigo, consigliere della corte di Cassazione che, con Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo, era stato uno dei protagonisti di quelle indagini che hanno segnato la fine della Prima Repubblica; Fausto Cardella, con una lunga carriera in Umbria e ora procuratore della Repubblica all’Aquila; Salvatore Sfrecola, presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti. I tre magistrati, nei loro interventi coordinati dal giornalista Tiziano Bertini, sono stati concordi ed espliciti: da “Mani pulite” a oggi la situazione è cambiata in peggio e la corruzione è aumentata. Non è stato fatto niente per combatterla, anzi il contrario. È stato creato un sistema giuridico e processuale per garantire l’impunità a politici e ‘colletti bianchi’ che si fanno corrompere. Il 98% delle condanne – ha detto Davigo – riguardano pene inferiori ai due anni, che non comportano il carcere. Per quelle fino ai tre anni si è provveduto allo stesso risultato con l’indulto. In Italia ci sono meno condannati per corruzione che in Finlandia; e in provincia di Reggio Calabria, che “non è certo una isola felice”, in 20 anni si hanno avute solo due condanne per corruzione. È bene sottolineare che queste affermazioni sono state fatte da magistrati. Come quella che i lavori pubblici non vengono programmati in base alla loro utilità ma solo in base alla possibilità di incassare tangenti e mazzette. “Opere pubbliche – ha detto ad esempio Sfrecola – che alla fine vengono a costare dieci volte in più di quanto programmato, con ritardi, revisioni di prezzi e varianti finalizzate ad aumentare con procedure formalmente lecite la possibilità di distribuire soldi pubblici ad amici, clienti e complici”. Per un tratto della metropolitana di Roma ci sono state 47 perizie di variante; in Italia un chilometro di ferrovia per l’alta velocità costa 78 milioni di euro, dieci volte il costo della stessa opera in Francia e Spagna.
“In qualunque Paese del mondo – ha detto Cardella – può accadere di pagare tangenti nei lavori pubblici, ma solo in Italia si fanno opere per produrre tangenti”. Nell’indifferenza e rassegnazione della gente. “Noi cittadini – ha detto ancora Cardella – non percepiamo più il disvalore del funzionario che prende mazzette”. Davigo ha ricordato una sua indagine che aveva portato all’arresto di tutti i 30 impiegati e funzionari di un ufficio Iva. “Ma qui rubavano tutti! – si era difeso un giovane impiegato – Io ero in prova, e se non avessi accettato mazzette, sarei stato licenziato”. Le cose – ha spiegato Davigo – dopo la Tangentopoli degli anni ’90 sono peggiorate perché anche i politici onesti hanno accettato di sedere vicino a quelli ladri, anzi li hanno difesi e applauditi. “In Italia – ha aggiunto – non accade che i mascalzoni vengano allontanati da incarichi pubblici prima che arrivino i carabinieri ad arrestarli, e la politica scarica su noi magistrati la sua incapacità di autoregolamentarsi. Un politico onesto dovrebbe rinunciare a utilizzare la prescrizione, che non significa essere innocente… Oggi – ha continuato – la politica si fa in franchising. Alcuni politici cambiano continuamente schieramento, il nome è diverso ma la ditta è la stessa. Nei 20 anni dopo Mani pulite si sono fatte leggi non per contrastare la corruzione ma per contrastare chi vuole contrastarla”. Ha quindi fatto alcune proposte per combatterla, ad esempio, norme per premiare chi denuncia e collabora con gli inquirenti. Ma, soprattutto – ha detto – occorre una scelta etica da parte dei cittadini “per non affondare tutti insieme all’Italia”. Dopo avere disegnato uno scenario così nero, quali sono state le risposta dei tre magistrati alla domanda di Raniero? La speranza – hanno detto in sintesi – è nelle nuove generazioni, ma tutti si devono ricordare di essere cittadini rispettando le regole e pretendendo che gli altri facciano la stessa cosa. Il commento di Raniero, parlando con i giornalisti: “Abbiamo capito che adesso siamo noi a doverci impegnare per cambiare le cose”. Fausto Cardella e Salvatore Sfrecola sono due magistrati che conoscono bene la realtà umbra. “La corruzione – secondo Cardella – è un problema di tutto il Paese, ma in Umbria, a differenza di zone meno fortunate, resta un fatto episodico, grazie all’attenta vigilanza delle forze di polizia e a quel valore aggiunto che è la collaborazione dei cittadini”. Giudizio condiviso da Sfrecola: “Ci sono disfunzioni inferiori ad altre situazioni, anche se tanti soldi pubblici potrebbero essere spesi meglio, soprattutto dalle società partecipate troppo contigue alla politica”.