Gradita, anche se faticosa, una visita in un Paese lontano, certamente eloquente delle condizioni di questo Continente, sconosciuto ai più ma ben conosciuto da Governi e multinazionali. I Governi hanno considerato l’Africa, e in genere i Paesi del terzo-quarto mondo, come riserva di caccia dalla quale attingere servitù (un tempo gli schiavi), vaste aree di sfruttamento privato con operai a basso costo, e sulla quale sperimentare le capacità di governo della classe dirigente; in compenso aprivano strade e creavano qualche struttura di comfort, oltre a dare un minimo di parvenza di libertà. Le multinazionali invece, oltre ad avere tutti i difetti dei Governi, hanno la disumanità e una chiara politica di rapina, portando via dal suolo e dal sottosuolo ricchezze notevoli (petrolio, oro, pietre preziose, legname…), avvalendosi dell’ignoranza e dell’inerzia delle masse popolari e delle connivenze di autorità cupide tenute in piedi comunque, fomentando anche guerre intestine di fazioni. È una situazione ben triste, della quale non c’è consapevolezza nell’opinione pubblica, e sembra che a nessun potentato (centri di informazione, alta finanza, organizzazioni mondiali, politiche degli Stati…) interessi in qualche modo. I missionari, testimoni in loco, lo denunciano da tempo, ma non sono presi in considerazione dai centri di potere, anzi sono guardati con fastidio. La stessa classe operaia, che in passato ha lottato per il riconoscimento della propria dignità e la difesa dei propri diritti, non mostra di conoscere l’enorme bolla di violenza che avvelena la convivenza a livello mondiale, e non sa impegnarsi in politiche efficaci. Tutto questo divide ancora il mondo tra sfruttati e sfruttatori, anche se non più a livello personale, quanto a livello strutturale. Eppure Paolo VI gridò: “Il nome della pace oggi è sviluppo”. Nel contesto della grave crisi finanziaria, che è primariamente una crisi etica; d’una mondializzazione che accentua il ruolo delle multinazionali; d’una profonda crisi di valori e di prospettive future nei Paesi più sviluppati; c’è bisogno d’un progetto ad alto livello per contrastare ed eliminare, con gradualità ma anche con decisione e coraggio, questo fermento di disumanità, e provare a fare della convivenza dei popoli una convivenza di “eguali”. Le iniziative di solidarietà degli “Amici del Malawi”, come di tante altre associazioni di volontariato (e meraviglia il loro numero…), fanno molto, certamente, ma il loro sforzo è una goccia nel mare. E i più poveri sono quelli che ti sorridono sempre e ti ringraziano.
Dopo la visita in Malawi
Parola di Vescovo
AUTORE:
† Giuseppe Chiaretti