Una catena che non si riesce a spezzare quella della crisi industriale del territorio che investe diversi settori produttivi. Non naviga in acque tranquille nemmeno la Sangemini spa, storica azienda di imbottigliamento di acque minerali, per la quale è stata richiesta la procedura di concordato in bianco che potrebbe portare poi alla procedura di fallimento.
Pur essendoci un trend positivo nelle vendite, già molti lavoratori della Sangemini Fruit sono in cassa integrazione, e il marchio Fabia potrebbe prendere la strada del Nord Italia con una drastica riorganizzazione dello stabilimento ternano, che, nonostante le difficoltà, imbottiglia acque che hanno mercato come la Sangemini. L’ultimo piano industriale presentato dalla dirigenza prevedeva un aumento dei volumi del marchio Sangemini, con lo sviluppo di Acqua Fabia nel nord Italia, rendendola un marchio nazionale, ma non è stato sostenuto da banche e istituzioni.
Il prefetto di Terni, Vittorio Saladino, ha convocato venerdì un incontro con i sindacati di categoria, le Rsu e i proprietari del gruppo Sangemini spa per esaminare le problematiche connesse alla crisi dell’azienda. Alla riunione sono stati invitati i rappresentanti degli assessorati regionali competenti del settore ed i sindaci dei Comuni di San Gemini, Acquasparta e Montecastrilli. Sulla vicenda il consigliere regionale Fausto Galanello ha presentato un’interrogazione in cui si chiede, tra l’altro, “quali azioni la Giunta umbra intende mettere in campo per scongiurare la chiusura”.
Sul versante Acciaieria stringono i tempi per la vendita dell’Ast, mentre non sembra essere stata formalizzata ancora l’offerta vincolante da parte delle cordate interessate all’acquisto, ma ormai è solo questione di giorni. Già la prossima settimana si potranno conoscere i soggetti industriali e finanziari realmente interessati allo stabilimento, la cui cessione dovrebbe perfezionarsi entro il 7 maggio, così come stabilito dalla Commissione europea. Offerte che dovranno essere valutate dalla multinazionale finlandese Outokumpu sotto la supervisione della Commissione europea, la quale accerterà che l’acquirente sia idoneo, e magari dovrà valutarne anche la capacità produttiva e il mantenimento dei livelli occupazionali, fattore questo non secondario e che in verità preoccupa non poco lavoratori e sindacati.
I nomi che circolano sono quelli della cordata capeggiata dalla lussemburghese Aperam con i gruppi italiani Arvedi e Marcegaglia, il gruppo cinese Tsingshan e due fondi d’investimento. Sui cinesi però in queste ultimi giorni sono arrivate voci – da parte di addetti ai lavori – di un possibile disimpegno. Voci tutte da verificare. Per Ast, i cinesi sono in pole position per l’acquisto vista la capacità economica e produttiva nel settore dell’acciaio.