Venerdì 3 febbraio il vescovo emerito mons. Goretti, direttore dell’opera Casa Papa Giovanni, ha celebrato nella cattedrale di San Rufino una messa in suffragio di don Aldo Brunacci nell’anniversario della sua morte: don Aldo, uno dei “Giusti”, più volte menzionato insieme ad altri benemeriti durante i giorni della Memoria, contraddistinti da una poliedrica rassegna di iniziative svoltesi presso il complesso di palazzo Vallemani dove risiede anche il locale Museo della Memoria. Lo abbiamo intervistato.
Mons. Goretti, è stato lei l’ispiratore di questo Museo?
“No, l’idea è nata dall’opera Casa Papa Giovanni e da alcuni amici di don Aldo Brunacci. Ad una proposta collegiale ho cercato di dare il mio contrib La persona che si è maggiormente impegnata a favore di questa istituzione è stata la giornalista Marina Rosati”.
Per quali ragioni è stato creato il Museo?
“Abbiamo mirato a ricostruire storicamente una pagina gloriosa scritta da Assisi. Don Aldo Brunacci è stato il personaggio che ha maggiormente rischiato: arrestato, processato e condannato, riuscì a fuggire e fu accolto e protetto in Vaticano da mons. Montini, il futuro Paolo VI. Il Museo non ha dimenticato altre persone meritevoli. Comunque vero protagonista, abile, discreto e coraggioso, fu il vescovo di allora Giuseppe Placido Nicolini. Attendo ciò che sta preparando il noto studioso assisano Francesco Santucci. I tempi per fortuna sono cambiati, ma necessita ancora la massima attenzione”.
Come spiega che alcuni “Giusti” sono rimasti nell’ombra?
“Talvolta si è caduti nel tranello dei confronti, lottando quasi per un diritto di primogenitura. Gli eroi di quel tempo a tutto pensarono meno che a questo. Ha destato la mia ammirazione il parroco di isola Polvese sul lago Trasimeno: affrontando molti rischi salvò varie persone senza dire una parola. Solo dopo la sua morte, a distanza di anni, gli archivi e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono il suo eroismo. Dedizione e coraggio testimoniò mons. Beniamino Schivo, di Città di Castello, recentemente deceduto”.
Come giudicare l’afflusso al Museo?
“Il Museo, già allestito negli Usa, è stato visitato da molte persone che hanno lasciato la loro testimonianza. Particolarmente prezioso il lavoro svolto nelle scuole per il generoso impegno di alcuni educatori e docenti. I giovani hannno scoperto una realtà drammatica”.
Ritiene idonea la collocazione attuale del Museo?
“So che qualcuno ha avanzato la proposta di trasferirlo presso la cattedrale di S. Rufino. La decisione spetta a mons. Sorrentino, che ben conosce il problema. Occorrerà considerare spazi e possibilità offerti dall’attuale sede, i rapporti che si sono creati con altre organizzazioni, il sostegno dato dal Comune di Assisi e il fatto che palazzo Vallemani sta diventando sempre più un polo museale, culturale, storico e artistico”.