Dio è Misericordia

“Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo”.

Prima lettura

È la frase conclusiva della prima lettura di questa XXIV domenica del TO tratta dal libro dell’Esodofrase che allude all’indole misericordiosa del Signore. Il contesto è quello in cui Mosè è sul monte Sinai per ascoltare le indicazioni del Signore in merito all’edificazione del Santuario e per ricevere le due tavole della Testimonianza, mentre ai piedi del monte gli israeliti si fabbricano e adorano un vitello d’oro trasgredendo così il più importante dei comandamenti che è la fede nell’unico Dio, il Signore (Es 20,2-3).

Nella casistica dei peccati che l’uomo potrebbe essere in grado di compiere (Lv 18-20), quello dell’idolatria è infatti il peggiore agli occhi del Signore e, anzi, proprio dall’idolatria deriverebbero le altre azioni contro la morale.

Il motivo di ciò è ravvisabile nel fatto che il Signore è un “Dio geloso”, esige l’esclusività del cuore dell’uomo, esclusività da cui deriva l’agire in sintonia con Lui. Ecco dunque l’ira del Signore che si accende a causa del vitello d’oro e che vuole provocare la distruzione del popolo, ma grazie all’intercessione che ancora una volta Mosè fa per il popolo, ne consegue che “il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo”.

Salmo

Il Salmo con cui rispondiamo a questa suggestiva pagina dell’Esodo è quello che ha reso più nota la figura del re David cui è ‘attribuito’. David ha allontanato il suo cuore dal Signore ed ha gravemente peccato approfittando del suo ruolo e facendo poi uccidere Uria che non si era prestato al gioco di ‘nascondere’ il peccato del re.

Grazie alla mediazione del profeta Natan, David riconosce il peccato e fa quindi ricorso alla “grande misericordia” del Signore, il solo che possa ‘creargli’ un “cuore puro” erestituirgli così la facoltà di proclamare la Sua lode a Lui che è l’unico Signore a gradire di più un “cuore contrito” che un sacrificio vittimale.

LA PAROLA della Domenica

PRIMA LETTURA
Esodo 32,7-11.13-14

SALMO RESPONSORIALE
Salmo 50

SECONDA LETTURA
I Lettera a Timoteo 1,12-17

VANGELO
Vangelo di Luca 15,1-32

 

Seconda lettura

Anche la seconda Lettura, tratta dalla I Lettera di San Paolo a Timoteo, è una testimonianza della misericordia divina.

Paolo scrive da Roma al suo fedele discepolo Timoteo per donargli suggerimenti pastorali, ma, dopo i saluti iniziali ed alcune precisazioni relative alla Legge, prima di affrontareil corpo della Lettera, ricorda la sua condotta di vita antecedente alla conversione. Egli definisce il ‘Paolo’ di allora con tre tra i peggiori titoli che un credente debba riconoscersi: bestemmiatore, persecutore e violento.

Eppure proprio a lui “è stata usata misericordia” ed ammette che la grazia del Signore “ha sovrabbondato” ed egli, a distanza di tempo, interpreta questo fatto straordinario che ha vissuto su di sé come utile per il Signore perché la conversione del ‘peggiore’ giovasse di “esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna”.

Vangelo

Anche la pagina del Vangelo secondo Luca parla della misericordia. È il capitolo che riporta una sola parabola, quella del Padre misericordioso, e non tre parabole come ad una lettura superficiale potrebbe risultare. È infatti introdotta dal narratore che parla di ‘una’ parabola la quale è rivolta alle due categorie di uditori: gli scribi e i farisei, i pubblicani e i peccatori.

Quindi un’unica parabola anticipata dall’immagine della pecora che si perde lontano (pubblicani e peccatori) e dall’immagine della dracma perduta in casa (farisei e scribi). La parabola si sviluppa così parlando del figlio minore che si perde allontanandosi da casa e del figlio maggiore che si perde rimanendo in casa.

Per entrambi i ‘figli’ c’è l’opportunità di lasciarsi raggiungere dall’abbraccio salvifico del Padre misericordioso. Contrariamente all’idea che a volte ci facciamo del ‘padre’ inteso come colui che si impone dispoticamente, qui c’è invece un padre che addirittura rispetta le scelte dei figli, non fa parola alcuna al momento in cui il figlio minore chiede di andarsene.

Ma Egli è tuttavia consapevole della infelicità cui andrà incontro il figlio e si pone sulla vedetta per scrutare l’orizzonte e vedervi scorgere il figlio che ritorna. Poi le azioni successive alla vista del figlio: si commuove (fremito del cuore), esce, corre incontro, abbraccia, bacia, non pronuncia parola, indice il banchetto, fa festa e si rallegra.

Così per il figlio maggiore invidioso e indignato: il Padre esce, lo prega, gli spiega le motivazioni del banchetto e teneramente lo invita ad unirsi ai festeggiamenti. Dei due figli sappiamo con certezza che il minore si è pentito ed è ritornato al Padre, mentre dell’altro non sappiamo l’esito.

Questo ci fa riflettere sulla difficoltà che proprio i credenti a volte hanno ad accogliere pienamente il messaggio dell’amore sconfinato di Dio per ogni uomo, anche per il più degenerato. Forse il ‘figlio maggiore’ si è perso l’opportunità di lasciarsi abbracciare dal Padre, perché l’abbraccio è un atteggiamento spontaneo quando si condivide una gioia profonda.

Per noi la parabola è un invito alla saggezza: identifichiamoci con il figlio ‘minore’ perché siamo sempre bisognosi della misericordia divina, ma non imitiamo il ‘maggiore’, piuttosto rallegriamoci intimamente per il ritorno di un fratello nella Comunità e approfitteremo così del tenerissimo abbraccio del Padre!

Giuseppina Bruscolotti