Questa domenica la liturgia propone l’avvio dell’attività pubblica di Gesù. L’evangelista Matteo descrive con puntualità le sue azioni: lascia Nazareth e va ad abitare a Cafarnao, predica la conversione, cammina lungo il “mare”, vede due fratelli che stanno gettando le reti e li chiama a seguirlo, poi vede altri due fratelli che stanno rassettando le reti e chiama anche loro a seguirlo. Continua a percorrere tutta la Galilea, insegnando nelle sinagoghe, annunciando il Regno e guarendo il popolo da ogni malattia e infermità. Approfondiamo qualche aspetto di questa sequenza di azioni. Dopo essere stato informato dell’arresto di Giovanni Battista, Gesù ha la conferma che è giunto il suo momento, e come prima azione lascia Nazareth per andare a stabilirsi in una città situata a nordovest del lago di Galilea. Lì annuncia il “regno dei cieli”, espressione cara a Matteo che la usa ben 33 volte nel suo Vangelo; l’equivalente di quanto Marco e Luca definiscono “regno di Dio”. E lo fa evidenziando una certa urgenza: “Convertitevi, è vicino il regno dei cieli”. Il verbo convertirsi (metanoein) è un ‘rivoluzionario’ perché implica uno sconvolgimento di cuore, mente e volontà finalizzato a orientare tutta l’esistenza verso la prospettiva della confidenza in Dio. A questo punto entrano in scena due coppie di fratelli che Gesù vede mentre stavano adempiendo il loro mestiere di pescatori. La prima coppia stava dando inizio al lavoro, mentre la seconda era al termine della propria attività. Gesù li chiama imperativamente a seguirlo; e di tutti è specificato che “all’istante”, lasciate le reti (i primi due) e la barca con il padre (i secondi due), lo seguirono. Potrebbe sembrarci inverosimile che degli uomini nel pieno della loro intraprendenza lavorativa abbandonino il loro ‘mondo’ per seguire un maestro a prima vista! Jacob Neusner, il rabbino e teologo citato dal papa emerito Benedetto XVI nelle sue tre opere su Gesù di Nazareth, affronta il tema del discepolato rabbinico che prevedeva, secondo la Misnah, periodi anche lunghi lontani dalla famiglia per dedicarsi allo studio della Torah (Un rabbino parla con Gesù). Non sappiamo con certezza se i primi quattro discepoli di Gesù rientrino in questo tipo di tradizione, tuttavia sorprende l’immediata disponibilità che manifestano al momento della loro ‘chiamata’. Certamente siamo in grado di riconoscere che sono stati colpiti dalla persona di Gesù, del quale l’evangelista Matteo afferma che insegnava infatti “come uno che ha autorità, non come i loro scribi” (7,29). Constatiamo anche, leggendo la totalità delle pagine evangeliche, che tutti i personaggi che si sono lasciati invadere il cuore dall’Amore (Giuseppe, discepoli, Matteo, le 5 vergini sagge) hanno messo in atto il comune atteggiamento dell’immediata disponibilità. “Amor, dolce languire, amor mio desioso, amor mio delettoso, annegame en amore” (Jacopone da Todi, Lauda 90).
Continuando a esaminare le azioni di Gesù, apprendiamo che percorre la Galilea, insegna, annuncia il Regno e guarisce. È sempre presente il binomio ‘parola’ e ‘guarigione’, anche nel resto degli episodi della sua missione tra le folle. In questa ’prima giornata’ di Gesù, in particolare, si nota la precisione dei verbi: lasciare, percorrere, predicare, chiamare, insegnare e guarire. Cosa ci dice tutto ciò? Ci accorgiamo che Gesù percorre le nostre vie e attività quotidiane? Uno dei messaggi di questo brano è chiaramente quello che Gesù privilegia la quotidianità. Ne siamo consapevoli? Lì dove sono le nostre fatiche, gioie, insoddisfazioni, realizzazioni, speranze, lì Gesù ci vede e ci chiama a seguirlo. Le ‘chiamate’ sono molteplici nell’arco della giornata, ma – nel caso del Vangelo di questa domenica – centrale è la chiamata alla sequela radicale di Cristo. Nella società odierna è in voga la logica del ‘tutto e subito’, una logica che però proprio nei riguardi della risposta alla chiamata di Cristo sembra difficile da attuare. Per assurdo, ci vantiamo dell’efficientismo e dell’emancipazione, ma diventa sempre più complicato crescere e maturare, e si rimane ostinatamente attaccati alle proprie sedicenti sicurezze affettive e materiali, facendo venir meno o ritardando una scelta vocazionale o matrimoniale. Gesù è perentorio: “Seguimi!”. Lui stesso lascia Nazareth, la città dove è cresciuto; così i suoi primi quattro discepoli, che prontamente lasciano lavoro e famiglia. Così tanti altri nomi di uomini e donne che si sono lasciati vedere da Gesù e lo hanno seguito contribuendo a proseguire la missione dell’annuncio del Regno con tutto ciò che ne consegue: incontro, predicazione della Parola e guarigione (perché la parola di Gesù ha sempre un’efficacia taumaturgica). Si pensi alla beata della Misericordia, Madre Speranza di Gesù: primogenita di nove fratelli e di famiglia poverissima, ancora adolescente il 15 ottobre 1914 lascia i suoi con il proposito di andare a farsi santa. Qualche anno dopo scriverà: “Il Signore richiede una dedizione totale e un impegno generoso, non una mezza misura” (Diario, 30.10.1927). Grazie alla sua pronta e radicale risposta, le folle che accorrono al santuario dell’Amore Misericordioso, da lei fondato per volere di Gesù, vengono attratte dalle reti della Misericordia divina.