Il 27 ottobre cade il trentesimo anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace celebrato in Assisi nel 1986 su invito di Papa Giovanni Paolo II. La recente visita di Papa Francesco nella terra del Poverello ha riacceso i riflettori e offerto lo spunto per numerose eco mediatiche su ciò che è stato quell’evento e su cosa si esige oggi.
Non si può negare l’importanza degli effetti sociologici, culturali e politici che interessano l’opinione pubblica, soprattutto in un contesto planetario scosso da sussulti di guerre e conflitti perpetrati anche con pretesti religiosi. D’altro canto sarebbe sciocco non guardare più a fondo, dopo che si spengono i riflettori, e scorgere al di là dell’impatto mediatico, ciò che si è costruito dietro le quinte.
Ebbene in Assisi, presso l’Istituto teologico, la grande Giornata mondiale di preghiera per la pace del 1986 non è solo passata, ma ha lasciato – per così dire – il segno. Forse l’opinione pubblica è stata poco informata a riguardo, forse questi laboratori di fatica quotidiana non fanno notizia, ma talvolta si presenta l’occasione di focalizzare lo sguardo su ciò che di fatto ormai si propone come una conquista. Lasciamo che anche questa volta il fiume in piena della stampa e dei turisti defluisca. Che cosa rimane in Assisi, al di là dell’entusiasmo, del generoso impegno, della stanchezza e degli strascichi dell’evento? Se ci poniamo questa domanda, allora siamo anche in grado di notare un segno umile e vivo della fecondità della ormai trentennale intuizione profetica del Papa polacco. Tale segno è rappresentato dalla specializzazione in Teologia fondamentale sorta nel 1993 presso l’Istituto teologico di Assisi.
Di che cosa si tratta? Di uno studio incentrato sui temi del dialogo e dell’annuncio, la teologia e le religioni. L’importanza di questa specializzazione per la Chiesa in Umbria e per la teologia in Italia è duplice. Non si è voluto infatti dar luogo semplicemente a un approfondimento in tema di religioni, come realtà a sé stante, ma tale conoscenza è stata sapientemente coordinata con un’esigenza di rinnovata riflessione sui fondamenti della fede cristiana, soprattutto a confronto con la post-modernità.
Tale sintesi non solo rispetta le specificità della Teologia fondamentale che si delinea come una disciplina di frontiera, ma cristallizza i sapienti dettami del documento Dialogo e annuncio.
Senza dialogo, l’annuncio deteriora in proselitismo o in fanatismo; senza annuncio, il dialogo concepito come a sé stante scivola nel generico sociologismo. In equilibrio fra di loro, la riscoperta dei fondamenti e l’attenzione alle religioni con le loro specificità rappresentano due istanze critiche permanenti che non vengono attese senza un accurato inquadramento storico-concettuale, a prescindere dal quale ogni riflessione rischierebbe di rasentare l’improvvisazione.
Dal 1993 a oggi, in modo costante, silenzioso, talvolta faticoso – vista la scarsa popolarità che riscuotono le cose serie – lo studio della Teologia fondamentale nella specializzazione suddetta ha conosciuto momenti importanti. Hanno preso forma riflessioni sul Vaticano II e le religioni, indagini sociologiche sui nuovi movimenti religiosi, iniziative molteplici in dialogo con rappresentati dell’ebraismo e dell’islam, nel contesto di una preziosa collaborazione con la diocesi di Assisi che annualmente cerca di valorizzare il ricordo della Giornata del 1986.
Ultimamente, presso l’Istituto, una necessaria e coraggiosa riconfigurazione del piano degli studi e conseguenti scelte concrete inerenti l’offerta formativa hanno ulteriormente contribuito a profilare il ritratto unico di questo percorso di studio che in Italia non ha eguali. A chi serve e a che cosa serve tutto questo? Vale la pena di rispondere per prima alla seconda domanda.
L’utilità di uno studio teologico che abbia a tema i fondamenti e al contempo il dialogo è di massima attualità sia per la cultura odierna sia per la prassi ecclesiale in un contesto ormai multietnico e religioso.
La cultura italiana ed europea di inizio terzo millennio si trovano a prendere atto di una mutata espressione del fenomeno religioso e di una sempre crescente convivenza multireligiosa. Pensare che questa sfida sia abbordabile senza un adeguato supporto teoretico è quanto meno sciocco e controproducente. D’altra parte, nel vissuto quotidiano si rendono necessarie categorie aggiornate per affrontare il mondo della scuola, della pastorale, e per districarsi nella magmaticità determinata dalla fitta rete di relazioni in cui stiamo vivendo.
Come si può presumere di affrontare il “nuovo” senza un’adeguata preparazione e coscienza?
La risposta va da sé, una volta poste queste premesse. I destinatari dell’offerta formativa accademica sono in primo luogo coloro che desiderano approfondire la conoscenza della Teologia fondamentale e, con loro, gli insegnanti che coscienziosamente si rendono conto della necessità di un supplemento di riflessione e aggiornamento.
Il terzo profilo di destinatario cui i corsi si rivolgono è colui che a diverso titolo opera nella pastorale, dal presbitero all’educatore, dal catechista al religioso o religiosa: ciascuno di loro deve essere equipaggiato con nuovi strumenti di mediazione culturale e teologica, pena l’insuccesso in una realtà che di fatto ha radicalmente cambiato i propri connotati fondamentali.
Raccogliendo l’eredità della Giornata mondiale di preghiera del 1986, l’Istituto teologico rinnova la propria disponibilità a servire la Chiesa e la cultura attraverso un percorso accademico peculiare dedicato da un lato alle religioni e la loro storia, il dialogo e l’annuncio, i nuovi movimenti religiosi e l’esoterismo; dall’altro, al ripensamento dei temi teologici di rivelazione, fede, tradizione e magistero.