Tra tante disgraziate notizie di violenza e di morte, un respiro che il mondo attendeva, almeno quella parte del mondo che sta dentro l’orizzonte mediatico: dalla terra, una per una singolarmente, emergono preziose vite umane di persone umili ed operose, preziose anche e soprattutto per questo. Al centro dell’attenzione del mondo i loro caschi ancora sul capo, gli occhiali scuri per abituarsi dopo tanto buio alla luce del sole, con le lacrime e gli abbracci di madri, mogli, figli e amici. Un bagno di umanità che suscita un barlume di speranza per tanti che subiscono ogni giorno la tentazione di ripiegarsi su se stessi e di abbandonare ogni progetto e prospettiva per il futuro. La speranza non è utopia, ma fiducia nelle risorse e nel potere che Dio ha dato agli uomini, sia quello di perforare e dominare la terra appropriandosi dei suoi tesori, sia di sfidare i pericoli, sia ancora di risalire da una sepoltura profonda 700 metri. Se da tale profondità è possibile risalire con i mezzi di scienza e di tecnica che la Sapienza divina ha messo a disposizione degli uomini, ad essi è dato di operare per un mondo veramente umano che si avvicina – anche senza la pretesa di uguagliarlo – al regno di Dio. Se al contrario il mondo assomiglia ad un inferno, molto dipende dall’uomo che non ascolta la voce di Dio che parla anche alla coscienza di ognuno. La riprova di ciò si ha nella contemporanea vicenda del fallito incontro di calcio Italia – Serbia. Vicenda disastrosa, manifestazione di odio, disprezzo e prepotenza di facinorosi che hanno messo a repentaglio l’incolumità di persone oneste e inermi, tra cui donne e bambini. Per misurare la profondità dell’odio esploso dai manifestanti serbi si può ricordare la lunga e tragica serie di avvenimenti storici che hanno origine dal 1989, con la caduta dell’impero sovietico e la disgregazione della Jugoslavia di Tito, con l’esplosione dei nazionalismi nella zona dei Balcani. La Serbia risente delle conseguenze di tempeste politiche che hanno spento ogni senso di umanità in quei fanatici che hanno dedicato la loro anima al culto della Nazione sopra tutto. Ogni volta che una realtà o istituzione umana viene esaltata sopra tutto (über alles), che sia l’etnia, la terra, la nazione, l’ideologia, il partito, il dittatore e così via, avviene la tragedia. Gli uomini di buona volontà – e i cristiani dovrebbero emergere tra essi – sono quelli che scavano i pozzi da cui estrarre l’acqua ed ogni altro bene, spengono gli incendi, dissodano le paludi, costruiscono argini e tirano fuori chi è sepolto sottoterra, anche se fosse cadavere, per dargli onorevole sepoltura. Un prete amico, che sta per partire di nuovo in missione in America latina, dopo una visita nella sua terra di origine e appartenenza, scrive sul nostro giornale che, dopo acuni anni di assenza, tornando da noi ha trovato “persone meno generose – forse sarà colpa della crisi – chiuse in se stesse, e questo non è bene perché Dio passa attraverso l’amore dato ai fratelli. Ho visto anche sacerdoti barricati in casa, mentre la gente ha bisogno di essere ascoltata, di parlare, di sfogarsi…”. Una sensazione di rassegnazione e chiusura che serpeggia tra la gente e nelle case. I minatori che tornano alla luce del sole sono una ventata di aria fresca, che suscita speranza e invia al mondo un invito ad impegnarsi, in nome di Dio, in opere permanenti di salvezza, e non solo in occasionale operazioni, pur benedette, di salvataggio. Si può fare.
Dalle profondità della terra
AUTORE:
Elio Bromuri