Da Spoleto testimoni della carità in cinque parti del mondo

India, Brasile, Romania, Armenia e Georgia: le esperienze dei missionari

“La testimonianza della Carità”. Il titolo di uno dei documenti sinodali dell’Arcidiocesi di Spoleto-Norcia ma potrebbe essere anche il titolo della serata che si è tenuta domenica 19 ottobre nella chiesa di San Nicolò in Spoleto, in concomitanza della Giornata missionaria mondiale, alla quale sono convenuti alcuni dei partecipanti alle esperienze estive proposte dalla Caritas diocesana, in uno spirito di condivisione fraterna. Erano cinque le ‘vacanze alternative’ e cinque gruppi di giovani, e non solo, hanno testimoniato la propria esperienza che riportiamo in sintesi.INDIAAd aprire la serata – introdotta da don Vito Stramaccia, parroco della comunità ospitante nonché direttore dell’ente diocesano – il gruppo stato in India. “Non è stato un viaggio ‘turistico’ – ha affermato Andrea – abbiamo fatto la promessa di non abbandonarli”. E Simone: “Secondo me, non si cambia quando si torna da questi viaggi, si è sempre gli stessi. È la seconda esperienza che faccio, la prima in Brasile, e non sono cambiato. Ciò che forse riesce più difficile, una volta viste con i propri occhi certe realtà è l’indifferenza”, il male del nostro tempo, ha poi ricordato don Vito. Poi, due ragazze: Eleonora, che ha spiegato come non è stato svolto tanto lavoro fisico quanto è stata incisiva la presenza, che ha dato conforto e gioia, e Martina, anche lei alla seconda esperienza, che ha spiegato le differenze constatate tra le culture brasiliana e indiana. “Sicuramente – ha detto – in Brasile sono più aperti, più vicini a noi; in India sono più chiusi, più tristi, è stato più difficile avvicinarli anche se poi siamo stati molto bene. Un mondo tanto diverso dal nostro, forse ad incidere è anche la differenza religiosa ma è certo che lì la gioia è più difficile da scoprire”.Da ultimo, ha preso la parola don Alessandro Lucentini, che ha guidato la spedizione: “Ci hanno insegnato l’ospitalità, dicevano ‘l’ospite è Dio che passa a casa’”.BRASILEÈ stata poi la volta del Brasile, la spedizione guidata da don Gianfranco Formenton fino a Porto Velho, dove la nostra diocesi è presente con le Missioni. Antonello, un signore adulto, facendo riferimento a quanto prima testimoniato da Martina, ha detto: “è vero che la cultura è come la nostra: questo perché ci sono solo i discendenti degli europei che hanno colonizzato. Gli Indios non ci sono più, sono stati tutti ammazzati e, laddove ciò non è accaduto, ne è stata uccisa la loro cultura. Ciò lascia pensare alla ‘responsabilità’: se ci sono dei poveri vuol dire che, d’altra parte, c’è anche qualcuno che ha accumulato ricchezza. Le statistiche ci dicono che l’80% della popolazione mondiale vive con il 20% delle risorse e, viceversa, il 20% dei cittadini del globo vivono dell’80% delle risorse. Anche noi siamo in qualche modo responsabili! Tornando mi ero ripromesso di cambiare ma, in realtà, sono come prima; i privilegi sono difficili da lasciare. Però è certo che vedere dal vivo le realtà aiuta”. A questa, si è affiancata la testimonianza di uno scout, Federico: “Non possiamo pensare di cambiare il mondo ma possiamo tornare e testimoniare quanto visto, anche per chi non c’è stato e che non è detto avrà la possibilità di andare. Probabilmente, è molto utile, in questo, favorire incontri per i ragazzi”. Ha fatto quindi il punto don Gianfranco, “veterano del Brasile”, come lo ha definito il moderatore. “Principalmente sono due le caratteristiche del rapporto col Brasile: la prima è la continuità e la seconda è il legame con l’Arcidiocesi. È lì che si vede l’incidenza di un certo modo di far Chiesa, lì il Vangelo può essere ancora ‘mordente'”. Un ultimo riferimento, don Formenton lo ha dedicato alle adozioni a distanza, spiegando che cominciano ad essere molte. ROMANIADon Renzo Persiani ha testimoniato del viaggio in Romania, una realtà europea e più vicina culturalmente alla nostra, come lui stesso ha affermato. Una spedizione che si è divisa in due gruppi: il primo con il compito di animare ragazzi, circa 180, il secondo che ha lavorato più fisicamente, contribuendo alla sistemazione di una casa per disabili. Secondo don Renzo si cambia al ritorno da queste esperienze, lasciano il segno in chi torna e, di rimando, si riflettono su chi resta. Prospettive per il futuro? Far conoscere più ai ragazzi: mischiandosi si capisce la realtà in cui si vive. ARMENIAÈ stata quindi la volta dell’Armenia, paese al quale, lo scorso Natale, l’Arcidiocesi aveva inviato due container. La commozione di don Vincenzo Alimenti è stata certamente contagiosa quando ha raccontato episodi che per il nostro standard si potrebbero definire ‘drammatici’. L’accoglienza è stata realizzata nei primi tre giorni in un istituto per gli esercizi, poi in un villaggio. “La cultura è un po’ simile a quella della Romania – ha affermato un altro, Francesco – Abbiamo insegnato l’italiano a dei ragazzi. – E ha aggiunto – Oggi festeggiamo Madre Teresa, lo scorso giovedì il Papa. Quello che voglio dire è che non bisogna essere Papi per divenire santi, secondo me. Ognuno nel suo piccolo può far qualcosa. Poi, vorrei suggerire di fare bene attenzione a quel che abbiamo”. Cesare, un adulto, ha affermato: “Scene vissute da ragazzini, oramai quasi scomparse alla memoria, lì sono la quotidianità. Li ho visti tranquilli col poco che hanno. Ma ciò che è rimasto più impresso è la loro ospitalità: facevano a gara per averci in casa. Rendiamoci conto che loro vivono isolati dal mondo – ha poi sottolineato – Sono chiusi da ogni parte e muoiono di fame”. Puntualizzazione, questa, ripresa anche da don Vito che ha raccontato la fatica per l’invio dei due container nel Natale scorso. E la conclusione di don Vincenzo è stata positiva: “Hanno detto che ci aspettano per animare 500 – 600 ragazzi la prossima estate”. è stato con gioia che il gruppo ha appreso che ancora c’era un po’ di quanto raccolto e spedito dall’Italia. GEORGIAAl termine della serata, accompagnato da cartelloni di foto, il gruppo della Georgia. Una spedizione diversa dalle altre: mentre per i primi quattro gruppi si è trattato di un viaggio che faceva seguito alle raccolte della scorsa Quaresima indette dalla Caritas diocesana e per le quali si andava a consegnare il ricavato ed avviare i lavori, per la Georgia si è trattato di un viaggio per esercizi spirituali di circa venti ragazzi guidati dall’Arcivescovo. Anche se un nesso c’è: il Nunzio apostolico, lo stesso dell’Armenia, aveva invitato mons. Fontana ad una visita in Georgia per avviare un gemellaggio tra studenti in età universitaria. E così è stato. Letizia ha riassunto le giornate: l’accoglienza del Nunzio, “il nostro angelo custode della settimana”, insieme al direttore della loro Caritas ed il gruppo di ragazzi. “Siamo saliti sul loro mezzo ‘più potente’: un pullman dimesso a Trento circa trenta anni fa. Le strade, per arrivare al paesino, sono piene di buche e pozzanghere e al buio ma, nel piccolo centro, è tutto perfetto”. Qual è la situazione della Chiesa? Federica ha testimoniato: “Ci sono solo due Chiese cattoliche, per il resto è tutto ortodosso. Quindi, i ragazzi ci hanno detto che qualsiasi cosa cerchino di fare, hanno sempre bastoni tra le ruote”. Canzio, un insegnante, ha detto: “Per una volta, ho fatto lo studente. Pensare che hanno fatto uno spettacolo solo per noi”. E Daniela: “La cosa che mi ha colpito in modo particolare è stata l’orfanotrofio. – Ed ha aggiunto, nella commozione – Muri che cadono a pezzi e dentro è pieno pieno di bambini”. Francesco, un ragazzo, ha poi considerato: “Ho ripensato alla Georgia la domenica del black out di qualche settimana fa: noi tutti in subbuglio; laggiù hanno la luce un’ora al giorno e quando è chiaro”. A conclusione del gruppo ma anche al termine della serata, Luisa che ha lanciato la proposta di solidarietà per tutti: “Siamo andati nella mensa della Caritas e abbiamo visto ancora un po’ della roba del container per l’Armenia. Quindi ci siamo ripromessi di mandarne, al più presto, uno anche lì”.

AUTORE: Eleonora Rizzi