Da spettatori a protagonisti

Editoriale

Non può essere che motivo di grande soddisfazione per l’Umbria il fatto di essere visitata, conosciuta, amata e considerata luogo ideale per manifestazioni di grande interesse a livello nazionale e mondiale. Nei prossimi giorni avremo la Marcia della pace, che celebra il 50° anniversario dalla prima edizione (vedi art. a pag. 3), poi fra un mese la Giornata di preghiera di tutte le religioni per la pace, ad Assisi, su invito di Benedetto XVI. Le motivazioni che spingono verso l’Umbria sono, in estrema sintesi: la cultura, la santità e la pace. I vari festival, dal giornalismo alla Sagra musicale, a Umbria Jazz, ai Due Mondi di Spoleto, al Festival delle Nazioni, alla Quintana di Foligno, ai Ceri di Gubbio, al Corpus Domini di Orvieto – e si potrebbe continuare – attirano persone che vengono da ogni parte d’Italia e dall’estero. Non mancano gli insediamenti in interi villaggi di stranieri, oltre una abbondante flusso di immigrati. Ora, tutto questo rischia di non passare per la coscienza degli umbri che, a meno che non abbiano interessi diretti di carattere economico, spesso danno l’impressione di stare a margine a guardare, da spettatori. Si sa che la dimensione regionale è la più povera di attrazione e di coinvolgimento, subendo il predominio della città, del paese e persino della frazione e del borgo. Questa prevalenza è certamente importante e piena di significato: appartiene allo stesso Dna della persona e della sua famiglia. A questo proposito, quando si è ventilata l’abolizione dei piccoli Comuni, ho pensato ad un errore formidabile, essendo proprio essi le perle di un territorio, che diventa una rete di bellezze incantevoli. Basterebbe girarne anche qualcuno per scoprire angoli di silenzio, di armonia, di edifici ben curati, e ricchi di umanità. Ma il protagonismo di cui si intende qui parlare è quello dei valori che l’Umbria rappresenta agli occhi di chi la visita da fuori, e che dovrebbero essere, più che patinati dal velo del tempo che li rende venerabili, vissuti nella contemporaneità del presente. Ci possiamo riferire in maniera particolare al francescanesimo. Un Vescovo umbro ha raccontato che, trovandosi all’estero molti anni fa, alla domanda da dove venisse ha risposto: Perugia. L’interlocutore non sapeva dove fosse, ma si è orientato quando ha saputo che era una città vicina ad Assisi. Un esempio per sottolineare l’importanza che ha questa presenza per tutta la regione. Le tracce della storia francescana, sparse in tutta il territorio regionale, che attraggono ogni anno milioni di persone, dovrebbero dare uno stile riconoscibile nel presente, con la sua carica di umanità, lo stile della semplicità, della fraternità, della pace. La concordia tra le città, il coinvolgimento perché “pace e bene” siano nel cuore di tutti gli umbri, e un criterio ideale di comportamento: questo significa essere protagonisti, e non palcoscenico. Naturalmente non parliamo di buone intenzioni e buoni sentimenti, ma di università, di ospedali, di servizi, di incarichi, di stili di fare politica. Si è parlato, per alcune operazioni, di stile o modello umbro, ad esempio nella vicenda del terremoto. Bene, questo dovrebbe essere attinto dalla nostra identità regionale, riconosciuta e rispettata con esercizio di buona volontà da parte di tutti.

AUTORE: Elio Bromuri