Già da una decina di giorni ci siamo incamminati nelle strade del nuovo anno, e di nuovo non vediamo proprio niente, anzi sembra che tutto sia terribilmente invecchiato, non solo per l’età dei protagonisti della vita sociale e politica (l’età, si sa, va avanti da sola, anche per chi scrive) ma soprattutto per l’arroganza dei discorsi, la contraddizione delle proposte e l’irrimediabile confusione delle idee. Anche il nostro settimanale segna il tempo. Sono 60 anni e li porta bene, si direbbe. La Voce nasce nel 1953 ed è rimasta in vita in questi decenni superando crisi e difficoltà di ogni genere e tentativi di soppressione. Si dirà che nel settore della comunicazione sociale cattolica, in cui vivono degli ultracentenari (La Gazzetta di Foligno, fondata nel 1886, ha 127 anni), non è poi un grande risultato. Ma la cosa forse da rimarcare, e lo facciamo con consapevole insistenza, è il fatto che questo settimanale è espressione di una comunità regionale, non solo diocesana. Abbraccia l’intero territorio dell’Umbria, con tutte le sue ricchezze culturali e spirituali. Questo è il suo peculiare carattere, che lo rende unico in Italia; ed è anche il suo punto debole, se vogliamo, in quanto non gode di quell’attaccamento che si alimenta all’ombra dei singoli campanili. In questo senso i Vescovi umbri che diedero origine al settimanale così concepito ebbero la lucidità di prevedere nel futuro lo sviluppo della dimensione regionale nei vari ambiti della vita. Ebbero anche l’accortezza di mettersi insieme in un progetto che avrebbe favorito anche un comune sentire nella programmazione dell’azione pastorale, e la collaborazione e la comunione tra le diocesi. Alcuni anni fa abbiamo pubblicato un opuscolo intitolato Otto diocesi, una voce. Ma a parte la nostra storia e identità, che durante quest’anno avremo modo di far conoscere, qui, dando alle stampe il primo numero del 2013, vogliamo ricordare il senso di questo stare insieme. Recentemente una signora di un paese di periferia, rinnovando l’abbonamento, si raccomandava che La Voce le arrivasse puntualmente, perché “voglio sapere come stanno le cose”. Un’aspettativa generosamente eccessiva, che ci mette in un certo imbarazzo. Chi sa oggi come stanno le cose? Per esempio, tra i vari capi-cordata della politica, chi è più affidabile, chi ha più ragione e chi ha del tutto torto, o chi è fuorviante, chi è menzognero, chi fa promesse sapendo che non potrà mantenerle, chi è sincero ed ha a cuore il bene comune, il futuro della nazione, chi ha una visione ampia dell’Europa e del mondo e chi guarda solo all’oggi senza pensare alle future generazioni, chi parla con parole sobrie e pensate, e chi offende l’intelligenza della gente, chi ama la famiglia e la vita, e chi pensa solo al suo piacere, chi afferma i diritti riconoscendo anche i doveri? Si potrebbe continuare tirando in ballo chi appare scendendo, salendo, attraversando gli schermi tv, pronto ad azzuffarsi come guerriero alla conquista del trofeo. Cara signora, “come stanno le cose” non glielo potremo dire, perché in realtà non lo sappiamo. Possiamo forse suggerire come dovrebbero stare, e da ciò che scriviamo direttamente su argomenti scottanti, e indirettamente su argomenti religiosi, culturali e di etica sociale, i lettori potranno essere aiutati a farsi un’idea e a farla valere per il bene di tutti. Da ciò che riportiamo su queste pagine i lettori potrebbero ricavare alcuni criteri per scegliere, senza farsi sviare da chi strilla di più. Alla società non servono i furbi e i prepotenti, ma i saggi e coloro che, conoscendo i limiti di ogni umano agire, si fanno aiutare anche da Colui che “irride i potenti” e sostiene lo sforzo degli umili. “Se il Signore non costruisce la casa – cantava David – invano vi faticano i costruttori” (Sal 126).
Da 60 anni per capire “come stanno le cose”
AUTORE:
Elio Bromuri