Cosa vale davvero?

Editoriale

La campanella delle scuole ha cominciato a suonare e tra pochi giorni, il 14, la sentiremo anche nella nostra regione. Ma il rumore più grande verrà da fuori delle aule, da quei maestri, professori e collaboratori scolastici rimasti senza posto. Il Ministero dichiara di trovare una soluzione a tutto, nella logica della razionalizzazione e del risparmio. Ci saranno ammortizzatori sociali distribuiti con larghezza. I soldi ci sono più di quanto si possa immaginare, ha detto Tremonti. C’è da credergli. Nessuno conosce meglio di lui la situazione delle casse dello Stato. Quello di cui si discute, tuttavia non riguarda solo l’aspetto economico e occupazionale, ma l’impianto generale della scuola, che dovrebbe essere discusso nelle sue dinamiche interne di tipo educativo e didattico. Dirigenti, docenti e famiglie degli studenti, nell’ambito dell’autonomia didattica consentita per legge agli istituti, dovrebbero trovare occasioni di studio e sentire la responsabilità di rispondere all’urgenza educativa e individuare i percorsi più utili ed opportuni per una crescita reale nella formazione degli studenti. I criteri educativi dovrebbero prevalere su quelli economici. Si paghino meno i politici e si diano più soldi alle scuole. Altrimenti il messaggio che i giovani ricevono è già di per sé diseducativo, perché trasmette l’idea che i soldi sono la cosa più importante di tutto. In questo ultimo periodo, inoltre, a seguito della delibera del Tar del Lazio, secondo cui gli insegnanti di religione non possono esprimere una valutazione sul ragazzo che frequenta le loro lezioni, si è accentuato, con espressioni fuor misura, il dibattito sull’insegnamento della religione cattolica. Un dibattito mai sopito, destinato ad aumentare dopo la lettera della Congregazione per l’educazione cattolica inviata agli episcopati di tutto il mondo e resa nota in questi giorni. Il documento dichiara che l’insegnamento della religione cattolica deve essere considerato una specifica disciplina scolastica, da non confondere con una cattedra di etica o cultura religiosa, oppure con lo studio del fatto religioso in dimensione multiconfessionale. Ingiustificata inoltre sarebbe la sua assenza dai programmi scolastici, causando una grave lacuna nella formazione dei giovani. Il testo afferma a chiare lettere che nel riconoscimento della libertà religiosa, nulla vieta che nella scuola vi sia un insegnamento di un’altra religione o di cattedre di etica o storia delle religioni o altro. Ma tutto ciò senza alterare la fisionomia specifica della tradizione cattolica. Come dire che l’insegnamento della lingua italiana non preclude che si possa studiare un dialetto o una lingua straniera, che non siano a sostituzione delle propria lingua costitutiva di identità e di partecipazione attiva alla storia del proprio Paese. Chi non è d’accordo con l’insegnamento della religione cattolica, anziché limitarsi a fare polemiche potrebbe darsi da fare per attivare altri insegnamenti a complemento di quanto già avviene. E ringrazino per ora Dio che vi è qualcuno che si prende la briga di ricordare ai giovani almeno la vecchia regola d’oro di non fare agli altri quello che non si vuole fatto a sé.

AUTORE: Elio Bromuri