Insegnanti delle scuole medie e maestre in questo periodo, a quanto mi è dato sapere, si trovano in una situazione imbarazzante a causa del Natale. Vorrebbero parlarne e gli alunni sarebbero anche interessati, perché Natale è una festa che ha un forte impatto emotivo e sociale. Ha infatti risvolti personali e familiari, ed effetti sulla vita civile complessiva. Comporta feste, vacanze, regali, occasioni di bilanci, manifestazioni religiose, folkloristiche, illuminazione di strade e piazze, allestimento di alberi, di presepi. Cambia il clima, che si dice natalizio e si caratterizza per una crescita di buoni sentimenti di generosità e comprensione verso chi si trova nella sofferenza e nel bisogno. Questo periodo, diventa una felice occasione per trasmettere i valori più belli e profondi della nostra civiltà cristiana e italiana. L’Umbria, inoltre, è la patria dell’inventore del presepio, Francesco d’Assisi, e per l’eredità spirituale trasmessa dal francescanesimo siamo più sensibili e affezionati al Natale considerandolo nella pienezza del suo significato e nella ricchezza delle sue manifestazioni. Ebbene, tutto questo per dire, con animo amareggiato, che alcune insegnanti e maestre (lo scrivo al femminile perché le donne sono in maggioranza, ma vale anche per gli uomini che esercitano la stessa professione) hanno paura di parlare del Natale e di quello che esso significa perché, avendo in classe alunni di altra religione o che non si avvalgono dell’insegnamento religioso, temono di discriminarli e offenderli. Alcune insegnanti perciò sfuggono l’argomento, altre lo appiattiscono nella descrizione delle manifestazioni più consumistiche ed esteriori. C’è chi è stato diffidato o almeno invitato dal dirigente scolastico a non parlare della nascita di Gesù, chi invece teme le reazioni negative della famiglia dei non credenti o dei diversamente religiosi. A mio avviso questo è un grande equivoco. La nascita di Gesù, volenti o nolenti, rappresenta la data più importante della storia occidentale: non per nulla si insegnano gli anni prima e dopo Cristo. Ci possono essere diversità di valutazione, diversa interpretazione dell’insegnamento e del valore salvifico della morte e risurrezione di Cristo. Ma la vicenda della nascita nella terra di Palestina dominata dai Romani, il viaggio di Maria e Giuseppe, il legame con Israele e la dinastia di David, i sapienti astrologi dell’Oriente, la vita dei pastori, l’odiosa tirannia di Erode, con tutte le simbologie incluse in queste narrazioni, sono informazioni che non possono essere taciute e negate, sottratte alla conoscenza dei giovani, privandoli di un indubbio arricchimento della loro umanità. Sarebbe un peccato, e forse anche un reato pedagogico.da parte delle scuole. Certo, anche i genitori e le parrocchie sono chiamate in causa, ma la scuola ha un altro taglio, altri strumenti e metodi. Solo persone poco informate possono pensare che ‘insegnare’ il Natale offenda qualcuno. Chi ha dubbi consulti, magari in internet, cosa pensano le tre più grandi religioni del mondo, l’induismo, il buddismo e l’islam di Gesù e vedrà che vi è grande rispetto, per non dire ammirazione ed esaltazione, come si deve ad uno dei più grandi personaggi della storia umana, un profeta, un maestro, un illuminato, un testimone dei più alti valori dell’umanità. Basterebbe ciò e, per noi, non è tutto.
Coraggio! A Natale parlate di Gesù
Editoriale
AUTORE:
Elio Bromuri