Conversione ecologica

Parola di Vescovo

In un recente convegno, tenuto presso il Sacro convento di Assisi, si è parlato di “conversione ecologica”. Portando il saluto ai convegnisti, ho tratto spunto dalla celebre icona dello “spogliamento” di Francesco, per sostenere che una vera “conversione ecologica” debba essere la risultante di almeno quattro “conversioni”. Una conversione innanzitutto culturale. In casa del vescovo Guido, ottocento anni fa, Pietro di Bernardone e Francesco interpretarono due visioni della vita. Da un lato, la cultura del possesso. Dall’altra, la cultura della gratuità. La verità dell’uomo, al di là di tutte le illusioni, è scolpita nella frase biblica posta sulla bocca di Giobbe: “Nudo uscii dal ventre di mia madre, nudo vi ritornerò” (Gb 1,21). Il denudarsi di Francesco – come poi il suo voler morire nudo sulla nuda terra – riporta al movimento gratuito della natura uscita dalle mani di Dio. Libera di esprimersi con il linguaggio ricevuto dal Creatore, e coltivata nel rispetto del suo linguaggio, Madre Terra offre i suoi doni. Al contrario, diventa “matrigna”. Una seconda conversione la direi “estetica”. Bernardone è l’uomo degli affari, Francesco è l’uomo dello stupore. Bernardone viaggia inseguendo il profitto, l’andare di Francesco ha il sapore della bellezza. Certo, il mondo va anche coltivato, non solo ammirato. La prima pagina della Scrittura lo affida alle mani operose dell’uomo. Ma solo da un atteggiamento “ammirativo” nasce una cultura alleata della natura, e non sua tiranna. La terza, indispensabile, conversione, si pone a livello “etico”. Lo spogliarsi di Francesco non può essere inteso come un pigro abbandonarsi ai ritmi della natura. Francesco ama il lavoro (la “questua” entra in gioco quando è strettamente necessaria). L’itinerario di conversione vide il giovane Francesco impegnato a ricostruire chiese e a curare lebbrosi. Egli conosce la necessità di trasformare, riparare, coltivare. Non contesta l’operosità. Non sarebbe nemico dei “miracoli” tecnologici del nostro tempo. Ma ci suggerisce uno spirito: lo spirito dell’umiltà e del servizio, un’etica della responsabilità, che faccia da argine a una scienza e a una tecnologia che presumano – con esiti inevitabilmente disastrosi – l’onnipotenza. L’ultima conversione la chiamerei “contemplativa”. È quella che emerge dal Cantico di frate sole, ma è anticipata già nell’icona dello spogliamento, lì dove le mani del giovane Francesco si levano in alto, librate nell’azzurro, verso la mano del Padre celeste. Francesco porta uno sguardo religioso sulle cose. Ai suoi occhi sono creature che rinviano al Creatore. La lode di Dio interpreta l’identità profonda delle cose e le mette al riparo da ogni insana prepotenza. L’uomo le può coltivare, non stravolgere. Nella lode di Dio è il segreto ultimo di un’ecologia integrale, di cui Francesco è vero maestro.

AUTORE: † Domenico Sorrentino