“Convertirsi e credere al Vangelo non sono due cose diverse o in qualche modo soltanto accostate tra loro, ma esprimono la medesima realtà. La conversione – lo ha ribadito Benedetto XVI all’inizio della Quaresima, presentando l’austero simbolo delle ceneri – è il sì totale di chi consegna la propria esistenza al Vangelo”. La conversione non è un aggiustamento di rotta e nemmeno un’inversione di marcia, ma è un cambiamento di prospettiva, un deciso orientamento verso Dio. La conversione non è neppure una semplice decisione morale, che rettifica uno stile di vita superficiale e illusorio, ma una scelta di fede, che non sta solo all’inizio della sequela, ma ne accompagna tutti i passi. Nel tempo forte della Quaresima, “proteso alla gioia pasquale”, la Chiesa si prende cura del nostro cammino di conversione, sollecitandoci a non perdere l’occasione di grazia che il Signore, ogni anno, ci concede di vivere. L’esortazione paolina a “non accogliere invano la grazia di Dio” (2Cor 6,1), posta sul “portale” della Quaresima, suona come un appello a prendere coscienza della nostra fragilità, che il Signore Gesù ha voluto liberamente condividere per far morire il nostro uomo vecchio, tarchiato dal peso del peccato originale. Si tratta di una “tara ereditaria”, cioè di un peso aggiunto, che Adamo ed Eva, con la loro disobbedienza, hanno caricato sulle spalle del genere umano. Sebbene Adamo, sedotto dalla menzogna di Satana, abbia fatto perdere all’uomo il “peso netto”, quello dello splendore della creazione, e benché senza l’aiuto della grazia divina e le opere di carità fraterna l’uomo non possa ritrovare il “peso forma”, tuttavia il “peso lordo” della macchia del peccato originale non ha alterato il “peso specifico” della natura umana, indelebilmente aperta alla grazia. Per quanto l’uomo, in Adamo, si sia votato al peccato, resta candidato alla grazia! I Padri insegnano che con il peccato l’uomo ha perso la somiglianza con Dio, conservandone l’immagine. Il peccato originale ha piantato la sua “tenda” e scavato la sua “tana” nel cuore dell’uomo, e tuttavia, pur esercitando una strana forza di gravità, si configura come un corpo estraneo, cioè come una realtà aggiunta, anzi sopraggiunta. Si tratta, in un certo senso, di un fatto virale, da combattere con il lavacro battesimale, “prima Pasqua dei credenti”. Il tempo forte della Quaresima, mentre prepara i catecumeni a diventare “pietre vive e scelte della Chiesa”, ravviva nei cuori dei fedeli, “naufraghi a causa del peccato”, la grazia battesimale, disponendoli ad accostarsi al sacramento della riconciliazione, “seconda tavola di salvezza dopo il battesimo”, che apre loro “il porto della misericordia e della pace”. “Crea in me, o Dio, un cuore puro” (Sal 50,12): questa supplica scandisca i passi del nostro incedere verso la meta pasquale, traguardo della nostra speranza. “Può perdonare – osserva Romano Guardini – solo Colui che può creare (…). Perdonare è più difficile che creare! Il perdonare sta al di sopra del creare (…). È una creatività che viene dalla pura libertà dell’amore”. Il Signore perdona creando, o meglio, mentre perdona crea! La sua azione salvifica non è un lavoro di restauro, ma una nuova creazione; non è neanche un’operazione di salvataggio, ma un’opera di salvezza!
Conversione e sequela
Parola di vescovo
AUTORE:
† Gualtiero Sigismondi