Le paure, i populismi, la cultura dell’odio, la visione dell’altro come una minaccia. Di tutto questo si parla alla “Conferenza mondiale su xenofobia, razzismo e nazionalismi populisti nel contesto delle migrazioni globali” che si tiene a Roma in questi giorni (dal 18 al 20 settembre), concludendosi con l’udienza dei partecipanti da Papa Francesco.
Un evento che vede per la prima volta insieme il Dicastero vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale e il Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc), in collaborazione con il Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. Segno che le sfide sono importanti e urgente è l’azione delle Chiese. Un primo incontro che vede la partecipazione di leader ecumenici ed esperti, esponenti della società civile, del mondo accademico e religioso provenienti da tutto il mondo.
“Le Chiese cristiane – nella diversità delle loro storie, culture e pratiche condividono la stessa preoccupazione per il rifiuto di accogliere e proteggere coloro che sono costretti a lasciare la loro terra per ragioni legate alla violenza, alla miseria, all’abuso di potere o ai cambiamenti climatici – dice mons. Bruno-Marie Duffé, segretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. – Come accogliere e proteggere i migranti quando un certo numero di cittadini, e talvolta anche fratelli nella fede, chiudono le loro porte alle migrazioni perché ritengono che ‘destabilizzano’ la loro società, nazione o comunità?”.
Mons. Duffé, in passato razzismo e xenofobia hanno scritto le più drammatiche pagine della storia dell’umanità: genocidi, olocausti… Perché oggi queste derive sono tornate?
“Conosciamo le argomentazioni avanzate per giustificare una posizione più o meno sistematica di rifiuto dell’altro. L’altro – straniero e migrante – sarebbe una minaccia per l’equilibrio della società, la sua unità e il suo futuro. Non c’è dubbio che le generazioni attuali non hanno più memoria delle pagine più buie della storia del genere umano, in particolare nella prima metà del XX secolo, delle guerre e dei genocidi che sono stati alimentati da dichiarazioni razziste e antisemite. Le attuali generazioni in Europa hanno beneficiato di un periodo di sicurezza e progresso economico, e temono di perdere i benefici di questo periodo condividendo ciò che hanno. La presenza dei migranti rappresenta un rischio per la sicurezza del loro Paese. C’è a volte un’identificazione tra migranti e stranieri con ‘delinquenti’ e ‘terroristi’. Tutto ciò sottolinea che abbiamo bisogno di un’analisi delle nostre paure: paura della mancanza, paura dell’insicurezza, paura del futuro. Lo straniero è considera- to il colpevole delle nostre paure e delle nostre incertezze. È chiaro che le sensibilità politiche che intendono rompere con l’umanesimo dell’accoglienza dell’altro e della solidarietà sfruttano queste paure e le strumentalizzano. È quello che in Europa viene chiamato populismo”.
Perché la Conferenza di Roma nasce in collaborazione con il Wcc? E qual è il messaggio che le Chiese vogliono lanciare?
“Perché sono temi che toccano il cuore della nostra fede comune: la questione del fratello e della solidarietà tra esseri umani che abitano su questa Terra. Se possiamo fare un appello alle persone e alle comunità, sarebbe quello di cercare di capire cosa ha spinto e costretto così tanti uomini, donne e bambini a lasciare la loro terra per cercare protezione, lontano da casa. La xenofobia è la paura di chi non parla la nostra lingua o non condivide la nostra religione. Solo l’incontro, come sottolinea spesso Papa Francesco, può farci uscire dalla paura e farci scoprire la ‘ricchezza’ e la nobiltà dell’altro, compresi i più poveri. Il razzismo è un pensiero che stabilisce una superiorità dell’uno sull’altro. È un sistema inaccettabile, che dovrebbe essere denunciato come una cultura della morte. Il populismo è uno sfruttamento politico delle paure collettive: annuncia un futuro per alcuni e un’esclusione per gli altri. La nostra speranza cristiana è invece una speranza per tutti senza discriminazione”.
Che ruolo possono svolgere le Chiese?
“Le Chiese devono testimoniare con lo sguardo, l’azione, la parola e la partecipazione a un progetto politico che onori i diritti fondamentali. La testimonianza dei cristiani inizia, dal punto di vista dell’azione, dalla protezione delle persone che soffrono e dalla ricerca di mezzi che permettano di vivere insieme, nel diritto e nella responsabilità condivisa. Non si tratta di essere idealisti. Occorre agire perché è urgente e le persone sono in pericolo. Si tratta anche di ‘pensare bene’, cioè fare affidamento su progetti e istituzioni che tutelino il Diritto e i diritti. Contro la cultura dell’odio, della sfiducia e della divisione, si deve costantemente ripetere che si diventa più umani solo quando si sviluppa la fiducia e la gioia di accogliersi l’un l’altro, nella diversità delle nostre storie e delle nostre speranze”.
Il Papa come ha seguito la preparazione di questa Conferenza?
“Non ci ha seguiti… ci ha preceduti. Il suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2018 ha declinato quattro verbi che definiscono la nostra missione: accogliere, proteggere, promuovere, integrare. La pace sociale, che è una prospettiva più forte e più bella dei discorsi dell’odio, del rifiuto e della stigmatizzazione, è una casa che dobbiamo sempre costruire insieme. Ognuno da il suo contributo. È quando lavoriamo insieme alla costruzione e alla cura della nostra casa comune che tutti scopriamo la pace”.
M. Chiara Biagioni