Seguendo anche il consiglio lanciato su La Voce del 13 gennaio scorso dall’economista perugino Pierluigi Grasselli, la Cisl Umbria sta assumendo una posizione sempre più decisa nei confronti delle multinazionali presenti in regione. ‘Non limitiamoci a subire’ è stato il titolo del convegno svoltosi lunedì 27 febbraio scorso all’hotel Michelangelo di Terni, a due passi dalla stazione ferroviaria. Presenti al tavolo dei relatori il segretario generale Pierluigi Bruschi (Cisl Umbria), il segretario regionale Giuseppe Bolognini (Cisl Umbria), l’esperto del Dipartimento internazionale Cisl, Marco Cilento, il segretario generale Femca-Cisl nazionale Sergio Gigli, il segretario Fim-Cisl nazionale Cosmano Spagnolo e il segretario Cisl nazionale, Giorgio Santini. Un incontro importante, un’inequivocabile forte presa di coscienza – che appare quale preludio ad una decisa imminente mobilitazione dei sindacati al primo nuovo accenno di crisi – sulla questione delle multinazionali in Umbria, troppo pronte a trasferire produzioni all’estero (sia nell’Europa dell’Est, sia in Asia), senza badare ai ‘cocci rotti’ lasciati sul terreno. Il segretario della Cisl nazionale, Giorgio Santini, è stato molto chiaro. Rivolto ad una sala gremita di lavoratori e sindacalisti (circa 200 persone) ha detto: ‘Ricordatevi sempre che, nei momenti critici, nulla può sostituire una forte iniziativa sindacale dal basso’. Molto citato perché emblematico è stato il recente caso della chiusura della Cisa di Tavernelle, operata in modo fulmineo dalla multinazionale statunitense Ingersoll Rand: la Cisa, come lo è oggi la Nuova Terni Industrie Chimiche (altra azienda che sembra già in bilico dopo lo stop all’impianto del nitrato di calcio), era un azienda in attivo e produttiva. Eppure è stata chiusa. Perché la logica ‘squadra vincente non si cambia’ non appartiene alle multinazionali, che invece cambiano prontamente ‘stadio’ (e – cosa molto più utile per loro – sistema di arbitraggio del loro operato) per inseguire altrove profitti maggiori. Meglio se nei Paesi più poveri, europei o extraeuropei, dove la manodopera costa praticamente niente e nei quali nessuno controlla se si inquina, se si rispettano i diritti dei lavoratori, delle donne e dei bambini, dove l’energia te la regalano e via dicendo. Celestino Tasso, segretario territoriale Fim-Cisl a Terni, racconta ancora sbigottito: ‘Quando fu chiuso il reparto magnetico dell’Acciai Speciali Terni (Ast), il management Thyssen-Krupp che incontrammo non comprendeva davvero perché la città e gli operai fossero entrati in fibrillazione. Circa un anno fa, noi organizzammo 40 ore di blocco alle portinerie dell’azienda, 100 ore di sciopero, adottammo le forme di lotta più dure. Ma il ‘magnetico’ fu chiuso lo stesso, poiché per i tedeschi – che non capivano questo nostro agitarsi per 350 posti di lavoro – era una mossa semplicemente normale, logica’. È questa ‘logica’ che ora fa paura all’Umbria. È la logica del profitto per il profitto, lontana anni luce da quella del guadagno per la ricchezza, il lavoro, il benessere di una popolazione, di una città, di un’area. Tanto l’area, la gente, le regole si possono sempre cambiare. Delocalizzando, appunto.
Cisl: le multinazionali non vanno solo ‘subite’
Grande incontro del sindacato a Terni su come affrontare la crisi
AUTORE:
Paolo Giovannelli