La nostra redazione ha incontrato Liliana Carretto, sorella del celebre “fratel Carlo”. Le abbiamo chiesto anzitutto di parlarci della famiglia. “Papà Luigi – racconta – era nato a Camerana, lembo dell’Alta Langa, il 29 ottobre 1879; mamma Maria, invece, è di Viola, un altro paese della provincia di Cuneo, dove viene al mondo il 4 aprile 1887. I miei genitori si sposano il 7 febbraio 1907. Mettono su casa a Camerana, fanno i contadini. A Camerana nascono le mie due sorelle, Emerenziana (1907) e Dolcidia (1908). Papà va spesso a Cortemilia, all’epoca del raccolto, mettendo le sue braccia a disposizione di chi ne ha bisogno. Poi decide di cambiar vita. Ha conseguito la licenza ginnasiale durante il periodo in cui è stato nel seminario della diocesi di Mondovì, cui appartiene Camerana. Fa leva su questo per sostenere, e vincere, un concorso nelle Ferrovie dello Stato. Viene assunto con la qualifica di capostazione; in realtà svolge mansioni d’ufficio. La prima destinazione è Alessandria, città in cui i miei si spostano, andando ad abitare in una borgata popolare. Ad Alessandria, il 2 aprile 1910 nasce Carlo e il 9 giugno 1912 Pietro, che chiamiamo Pierino”.
Quale indicherebbe come il ricordo più grande che ha riguardo a suo fratello Carlo? “Queste parole: ‘Quando ti vidi seduta in quel lettino, dietro il vetro chiuso della finestra dell’ospedale, con il visetto pallido e due treccine che ti incorniciavano il viso, mi innamorai di te’. Siamo nel 1932, avevo sette anni ed ero gravemente malata di difterite. Questa affermazione così forte mi ha sempre fatto meditare perché con l’andare degli anni comprendevo sempre più il significato di quest’affetto che non aveva limiti, che mi avvolgeva e mi infondeva tanta sicurezza”.
Praticamente lei ha accompagnato Carlo da quando lui era giovane maestro fino alla sua morte. Quale definizione potrebbe dare di lui? “Era una persona di grande umanità. Dopo l’amore umano che Carlo sapeva donare, ecco l’altro pilastro che mi ha saputo indicare: la fiducia incondizionata nella Provvidenza. Mi ricordo che in una delle pareti della mia stanza, a Torino, aveva fatto dipingere il primo versetto del Salmo 26: ‘Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò timore?’. Allora, bambina, non riuscivo a capire il perché di questa frase e perché Carlo l’avesse voluta incidere così in evidenza. Con il passare degli anni, quelle poche parole sono state per me luce che illumina il cuore! Ecco i due ricordi indelebili che Carlo mi ha lasciato: amore e fede”.
Carlo Carretto è stato fortemente contrastato diverse volte dopo alcuni suoi interventi pubblici, e ritenuto da alcuni un “guastafeste”, “uomo di sinistra” e via dicendo. Lei, che ha assistito a tutte quelle vicende e ha potuto seguire il caso Carretto dopo la morte, cosa ne pensa? “Ho vissuto accanto a lui tutte le battaglie scatenate dai vari venti dell’epoca. La verità è che Carlo era uomo di fede, e senza compromessi leggeva la verità dei tempi e, purtroppo, valutava gli avvenimenti con parecchi anni di anticipo. E questo poteva dare fastidio”. Quali sono i sentimenti che prova di fronte al “ritorno” di Carlo Carretto anche sugli scenari dell’opinione pubblica, particolarmente in occasione del centenario della sua nascita? “Da persona credente, una profonda gratitudine verso Dio e nei confronti di tutti gli amici di Carlo. Tutto qui”.