“Nella Chiesa, molti hanno cercato nel Covid e nei lockdown una giustificazione al calo della partecipazione dei fedeli ai riti religiosi. Ma quel calo comincia in modo significativo dalla fine degli anni Ottanta. Probabilmente il lockdown lascerà il segno ma su un altro piano”. Come sempre, Luca Diotallevi parla senza peli sulla lingua, andando dritto al tema. E così fa anche raccontandoci le pagine del suo ultimo libro: La messa è sbiadita”(Rubettino, 2024). Docente di Sociologia all’Università di Roma Tre, si è occupato spesso di Chiesa e secolarizzazione, di cattolici e del loro impegno sociale e politico, di laicità, valori, modernizzazione e molto altro.
Professore, a cosa si riferisce quando dice che il lockdown lascerà il segno?
“Intendo dire che porteremo a lungo i segni di un abuso dei mezzi di comunicazione e della spettacolarizzazione della liturgia. Operazione cominciata da decenni, che porta a una riduzione del fedele da partecipante a spettatore. Avremo bisogno di studi ma i segni sono già evidenti dal punto di vista quantitativo. Con la pandemia abbiamo solo visto l’accelerazione di un processo in atto. Noi sappiamo che i grandi stress sociali accelerano i processi di ogni segno, positivo o negativo”.
Cosa è successo nelle nostre chiese tra i primi anni Novanta e l’ultimo quinquennio?
“Noi sapevamo già, da studi usciti a metà dello scorso decennio, che sulla eccezione italiana al declino della partecipazione ai riti erano stati costruiti molti luoghi comuni. Questo studio si avvale ora della più importante analisi sui comportamenti degli italiani, prodotta dalla fonte più autorevole che è l‘Istat, analisi della vita quotidiana degli italiani realizzata su 40mila individui. Questi dati confermano il declino e ci danno la possibilità di studiare nel dettaglio cosa avviene dentro quella parte di universo della popolazione italiana che frequenta i riti religiosi”.
Quali risultati vengono fuori dalla sua analisi?
“Il dato più importante è che in questi anni è continuato il declino della partecipazione degli uomini di ogni età ai riti religiosi, ma si è di molto accelerato il declino delle donne. Uno dei grandi fenomeni che noi viviamo in questo momento è la ‘rottura’ tra religione e donne. In particolare, tra la Chiesa cattolica e le donne, appunto. Questo è il fenomeno nettamente più importante: al di sotto dei 30 anni, non c’è più differenza tra uomini e donne. Ragazzi e ragazze, giovani uomini e donne hanno un profilo di partecipazione religiosa nell’ultimo decennio indistinguibile, mentre per anni la differenza era stata rilevante”.
Oltre al dato di genere, ci sono anche importanti rilievi anagrafici…
“Sì, il secondo fenomeno è quello dell’invecchiamento medio di coloro che partecipano ai riti e questo significa che noi ci stiamo avvicinando non solo a un’accelerazione della curva, ma a un gradino, perché fatalmente le popolazioni più anziane scompariranno e questo gruppo di italiani e italiane è quello in cui è più elevata la partecipazione. Quindi noi andiamo verso una platea di partecipanti ai riti religiosi significativamente più piccola e questo passo verso il basso verrà compiuto di botto”.
C’è anche un’analisi qualitativa, oltre a quelle quantitative. Di che si tratta?
“Sì, è il terzo fenomeno che racconto nel libro. Sempre meno la messa fa la differenza. Cioè, mentre 50 anni fa chi andava la messa era distinguibile in ambito politico, economico, familiare perché chi frequentava le celebrazioni teneva alcuni comportamenti, oggi andare a messa difficilmente fa la differenza. E questo la dice lunga sulla superficializzazione della vita cristiana che ha corrisposto alla spettacolarizzazione delle liturgie”.
Scorrendo le pagine del libro, per fortuna, ci sono anche segnali positivi interessanti in questo quadro senz’altro problematico. Quali in particolare?
“Il primo è che la Chiesa verso la quale stiamo andando avrà una base molto meno caratterizzata e con proporzioni più equilibrate. Oggi sono più gli anziani dei giovani, più le donne degli uomini, ecc. Andiamo verso un ‘terreno’ meno ingessato e più propenso all’innovazione. Il secondo elemento è che, in questo quadro, regge un tratto distintivo in chi partecipa alle celebrazioni religiose: la maggiore propensione e partecipazione ad attività caritative, di accoglienza e di volontariato. Il nesso fra la messa e queste attività di cura dell’altro è ancora evidente”.