“Sconfiggere la povertà” è il primo dei 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu 2030; il secondo è “Sconfiggere la fame nel mondo”. A distanza di cinque anni, 795 milioni di persone nel mondo soffrono la fame, e si dovrà provvedere al nutrimento di altri due miliardi di persone che abiteranno il pianeta nel 2050. Gli obiettivi fissati dall’Organizzazione delle Nazioni Unite sono lontani, la fame avanza mentre gli esperti affermano che statisticamente il mondo produce cibo a sufficienza per tutti.
Le cause e i dati di una immane sofferenza provocata da ingiustizie e guerre sono note. Maurizio Martina, direttore generale aggiunto della Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ha ripetuto nei giorni scorsi che da una parte c’è la responsabilità dei Paesi ricchi, dall’altra la impossibilità tecnica dei Paesi poveri, che spesso vivono in un clima caldo, a conservare e consumare correttamente i prodotti agricoli.
I dati sono allarmanti: nel mondo sviluppato, un terzo di tutto il cibo prodotto viene buttato o perso nelle diverse fasi della produzione alimentare, ogni persona spreca annualmente 79 kg di cibo, inoltre gli sprechi alimentari contribuiscono per l’8-10% dell’emissione del gas serra totali del sistema agroalimentare.
Nell’ Unione europea ogni anno si buttano quasi 59 milioni di tonnellate di cibo, ogni cittadino spreca 131 kg di alimenti all’anno. Oltre la metà di questi sprechi, circa 70 kg, avviene purtroppo ai tavoli delle famiglie e dei ristoranti. Da una parte si butta il cibo perché è troppo, dall’altra si muore perché il cibo è troppo poco. La fame diventa un’arma di guerra o provoca migrazioni delle quali un mondo sazio ha paura. Tutto questo è sotto gli occhi di chi si avvicina alle festività di fine anno, tutto questo accade a km zero, tutto questo rimane fuori dalle luci artificiali.
Perfino dell’imminente Giubileo spesso si parla e si scrive come se non fosse un monito ai potenti e agli indifferenti perché non girino la faccia di fronte ai poveri, agli immigrati, agli abbandonati, a coloro che stanno perdendo lavoro. Cioè, a coloro che con il pane hanno perso o stanno perdendo speranza. Potrebbe apparire un confronto impari, viste le forze e le visioni in campo, vista la spesa per le armi rispetto alla spesa per la cooperazione internazionale.
Potrebbe essere così, e purtroppo lo sarà se verrà meno quel piccolo contributo di ognuno per evitare gli sprechi, per accettare uno stile di vita sobria, per camminare sulla strada con gli ultimi: una strada che non è rischiarata dalle luci artificiali.
Paolo Bustaffa