La Regione Umbria si dà per obiettivo la maggiore valorizzazione dell’imprenditorialità dei produttori agricoli e degli allevatori, in vista degli indirizzi che stanno emergendo dalla nuova Politica europea per l’agricoltura Pac 2014-2020. Di questo, e delle azioni strategiche da adottare nell’immediato futuro, abbiamo parlato con l’assessore regionale all’Agricoltura, Fernanda Cecchini.
Qual è l’attuale situazione dell’agricoltura in Umbria?
“I numeri ci dicono che il settore, seppure di poco, comunque cresce. I dati 2011 vedono una ripresa per il frumento (+4,5%), un buon andamento del prezzo del tabacco, un ruolo crescente della viticoltura, una lieve ripresa per la zootecnia, ma è il mercato del biologico a far registrare un buon rendimento sulle vendite (+11%). Le esportazioni hanno registrato un +16,2%. Solo il comparto agroalimentare in Umbria è pari al 22,74% (con circa 20.000 imprese attive sul territorio). Buoni anche i dati che riguardano i giovani che scelgono di fare impresa: sono duemila gli umbri under 40 che nel 2011 hanno scelto l’agricoltura, un dato in controtendenza rispetto alla media nazionale. Nel resto della Penisola le imprese giovanili non sfiorano il 4%, in Umbria si attestano al 10 %”.
Quali le principali criticità?
“L’agricoltura umbra, come quella nazionale, soffre di rigidità strutturali che rendono complicato rispondere in tempo reale ai cambiamenti che impone la globalizzazione dei mercati. L’agricoltura umbra ha attraversato un lungo periodo di crisi a causa della scarsa meccanizzazione e modernizzazione. È presente un movimento cooperativistico volto a promuovere un’agricoltura di qualità, ma in minor misura rispetto ad altre realtà del Centro Italia, ed è legato alla viticoltura, all’olivicoltura e alle produzioni biologiche. Per questi motivi, molte aziende agricole, di piccola o media grandezza, si sono spesso ‘convertite’ in attività agrituristiche. A questi fattori si somma la crisi del credito, che si fa sentire meno nel settore della produzione agricola, molto di più nel settore della trasformazione. Imprese che non riescono a riscuotere i loro crediti, e che le banche non vogliono più sostenere. Le nostre politiche poco possono fare nei confronti delle banche”.
E i punti di forza?
“Penso alle occasioni di crescita economica che possono venire dalla green economy. Penso alla sfida della riforma della Pac, che con una ridistribuzione più equa del sostegno potrebbe dare nuova competitività a settori come l’ortofrutta o la zootecnia estensiva, finora penalizzate. Penso al forte e radicato sistema di imprese che fanno qualità e innovazione. Alle filiere mature che vogliono allargarsi e consolidarsi. Le criticità e le opportunità vanno gestite con politiche intelligenti, mirate. Politiche per stimolare l’aggregazione e la costruzione di reti di imprese nei settori più frammentati e meno organizzati”.
Le misure finanziarie previste dal Piano di sviluppo rurale (Psr) consentono di proseguire la programmazione degli interventi nei diversi settori dell’agricoltura?
“Questo è uno degli elementi di forza della politica agricola regionale, che ha la capacità di utilizzare al meglio le risorse comunitarie. Con l’attivazione di quasi tutte le 34 misure previste, e oltre 24 mila nuove domande pervenute (a conferma di come gli agricoltori abbiano compreso le opportunità), in Umbria la spesa complessiva sul programma ha raggiunto 350 milioni di euro, pari al 50% della dotazione, con un livello di pagamento tra i più alti fra i Psr regionali. In ogni caso, sebbene le risorse Psr siano state in gran parte assegnate, non dobbiamo dimenticare che devono essere ancora effettivamente spese. Soprattutto negli investimenti, cioè assegnazione e spesa effettiva delle risorse, il tempo medio è di almeno tre anni. Nel triennio 2012-2015, in Umbria, devono essere ancora spesi dalle aziende quasi 700 milioni di euro. Molte Regioni italiane hanno difficoltà a spendere, e rischiano ogni anno tagli di risorse che tornano a Bruxelles. L’Umbria, grazie alla rapidità che ha dimostrato nel saperle impegnare, per fortuna, fino ad oggi, non corre questo rischio. Impegnarci a spendere tutto e bene il budget 2007-2013 è la migliore soluzione per chiedere nuove risorse per il futuro”.
Quali sono i settori verso i quali la Regione sta indirizzando le proprie scelte?
“Proprio con l’idea di organizzare interventi organici e di medio-lungo periodo, stiamo predisponendo un Piano zootecnico regionale. Un settore che, non dobbiamo dimenticare, ha importanti impatti sull’economia agricola regionale, ma ha anche impatti di natura ambientale e paesaggistica altrettanto importanti. Una zootecnia responsabile, economicamente vitale e sostenibile in termini ambientali necessita un approccio plurale. Per questo abbiamo coinvolto le migliori professionalità disponibili a livello locale ed a livello nazionale. Abbiamo coinvolto le facoltà di Agraria e Veterinaria, le associazioni dei produttori. Entro l’estate avremo uno strumento che ci dirà che strada imboccare per il futuro della zootecnia, ed a quel punto faremo le nostre scelte”.
E oltre alla zootecnia?
“Ci stiamo muovendo per dare nuovo impulso al settore viti-vinicolo, che ha rappresentato per tanti anni la punta di diamante delle produzioni di qualità umbre. Anche qui stiamo predisponendo un programma di rilancio. Per questo abbiamo messo al lavoro un team di esperti che, coordinati dall’Istituto nazionale di economia agraria e con Nomisma come partner, ci darà risposte destinate a orientare con consapevolezza le nostre scelte”.