Al termine delle sue visite pastorali mons. Giuseppe Chiaretti si è trovato con una piacevole sorpresa: alcuni scatoloni pieni di lettere e messaggi scritti dai ragazzi delle scuole elementari, medie e superiori, nonché di molti ragazzi delle parrocchie. Testimonianze concrete di quell’incontro che il Vescovo di Perugia – Città della Pieve aveva effettuato nei luoghi di studio già a partire dal 2001. Domande, confidenze, disegni e memorie di vita quotidiana dalle quali affiora anche un ritratto, fresco e libero dagli schemi, del Pastore. Gli elaborati sono stati oggetto di un ricerca promossa dal Centro per lo studio e la prevenzione del disagio nell’infanzia della Fondazione ‘Carlo Caetani della Fargna’ di Città della Pieve, diretto da Floriana Falcinelli dell’Università di Perugia. La direttrice e Chiara Laici, la ricercatrice che ha condotto lo studio, tracciano un profilo del lavoro, in attesa di una vera pubblicazione. Professoressa Falcinelli, qual è l’immagine del vescovo che emerge?’Naturalmente l’approccio appare molto diverso a seconda delle età dei ragazzi, sebbene in generale appaia nell’immaginario dei giovani come un padre amorevole, un papà che viene ad aiutare i propri figli e a farli crescere nella fede. Nei disegni è quasi sempre rappresentato al centro con i bambini intorno; lo si vede ‘capo dei preti’, ma anche come uomo saggio, colui che sa accogliere i dubbi sulla fede.’ Dubbi su quali punti? ‘Sono soprattutto i ragazzi delle scuole medie a rivolgere domande su questo tema, a partire da argomenti che hanno sentito al catechismo o a scuola: sul suo ruolo di vescovo, ma anche su come la Chiesa guidi i fedeli e su come si rapporti alle altre religioni. In particolare, riferendosi ai recenti fatti di sangue, hanno chiesto dei rapporti fra cristiani e musulmani.’Dottoressa Laici, quali sono state le domande più frequenti?’Anzitutto, sorprende l’intensità delle richieste formulate dai ragazzi: domande di carattere morale prima ancora che religioso, domande sul perché esista la sofferenza, ma anche desiderio di pace, di concordia tra le persone: spesso esprimono il desiderio che i propri genitori tornino a stare insieme. I bambini delle elementari vedono il vescovo come un papà che racconta storie della sua infanzia e gioca con loro. I ragazzi delle medie e delle superiori affrontano argomenti di attualità, si interrogano sul dramma dei bambini di Beslan, sui rapporti tra religioni diverse, sui motivi delle guerre, ma rivolgono anche domande personali al vescovo: come ha sentito la chiamata del Signore? Perché soffriamo? Cosa fa la Chiesa per guidarci e allontanarci dall’egoismo? Perchè il Signore ci ha lasciati liberi? E infine – l’aspetto forse più interessante – si confidano con il vescovo raccontando vicende personali e intime, vedono in lui una persona che sa accogliere i dubbi sulla fede, sul significato della vita e sulle scelte anche sbagliate che si compiono nell’adolescenza’. Dottoressa Falcinelli, che esiti ha avuto questo studio? ‘Sicuramente ne è uscito un ritratto del vescovo molto positivo. In una società senza padri, in continua ricerca di figure di riferimento per superare fragilità e paure, il vescovo-papà è associato a una rettitudine morale sulla quale proiettare bisogni e paure. Emerge una necessità di stima e pace da parte dei ragazzi, ma anche di punti fermi; il vescovo appare come una guida autorevole che sa rispondere ai bisogni emozionali e affettivi tipici della loro età. Sarebbe interessante raccogliere gli scritti in una bella pubblicazione, corredata dai disegni e dagli esiti dello studio.’
‘Caro vescovo, perché soffriamo?’
Chiara Laici, ricercatrice universitaria, ha 'studiato' le domande dei bambini e dei ragazzi a mons. Chiaretti in una ricerca promossa dal Centro per lo studio e la prevenzione del disagio nell'
AUTORE:
Gaetano Fiacconi - Giulio Lizzi