Molti hanno commentato l’addio di un Papa al suo popolo, anzi, ai popoli della Terra. Un addio non per la morte, ma per un nuovo tipo di vita. Scende dalla Cattedra riconosciuta come la più alta del mondo e si incammina sui sentieri del monte dove la luce e il calore del sole sono più intensi per chi si lascia inondare dai suoi raggi, e le nebbie delle pianure si dissolvono nella nube di un insondabile Mistero. È il monte della Trasfigurazione, dove Gesù si ritirò a pregare e rimase solo. Prima di allontanarsi, il Papa ha detto “grazie”, un grazie ripetuto e dettagliato anche con nomi precisi. Non si governa la Chiesa da soli, ha detto. Il Papa non è solo, non lo è stato, non può esserlo. Può rimanere solo sul monte, non sulla Cattedra. Deve confermare i fratelli, e lo ha fatto. Deve ammaestrare il popolo di Dio e ammonire il mondo, e lo ha fatto. Dice “grazie” a chi lo ha accompagnato, seguito, ascoltato e amato; e sono molti che glielo hanno dimostrato in piazza e in tutti i luoghi dove si sono riunite persone di ogni nazione. Il “grazie” è venuto anche dalla Piazza, avendo la gente percepito che Benedetto XVI ha compiuto un gesto eccezionale e inusuale, storico, ma anche profondamente umano. L’umanità sia pure raffrenata e quasi nascosta di un personaggio schivo e perfino timido, dai gesti misurati, dalla voce tenue. Chi è stato in piazza San Pietro o ha assistito in diretta anche solo per televisione ha accolto il Papa con l’attenzione e l’affetto di chi sa che è l’ultima volta. All’inizio del momento di preghiera si è fatto silenzio. Sempre impressionante, quando è silenzio di una massa enorme di persone, più espressivo di un grido. Allora sono risuonate le parole di Paolo ai Colossesi. Sembravano scritte per l’occasione. Andate a rileggerle: “Noi rendiamo grazie a Dio, continuamente pregando per voi, avendo avuto notizia della vostra fede in Cristo Gesù e della carità che avete verso tutti i santi a causa della speranza che vi attende nei cieli…”. Questo evento è rimasto fissato in quella piazza unica al mondo, chiusa come in un abbraccio che stringe in unità la grande famiglia dei fedeli, sempre aperta a tutti quelli che cercano un approdo sicuro. Questa è la Chiesa, la barca, “che non è mia, non è di nessuno, è di Cristo”, dice Benedetto XVI, ed è Lui che la conduce e non l’abbandona mai. Il gesto di Benedetto mette in luce l’essenza della Chiesa, la sua specificità, la sua bellezza, il suo fascino, il suo mistero, che risplendono anche nella debolezza e fragilità umana dei suoi membri. “La parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa e la sua vita”. La gente che ha riempito a dismisura quella piazza, affluita da ogni dove solo per intimo impulso del cuore, era commossa e festante, risonante di sentimenti veri. Chi ha avuto riserve e obiezioni sul pontificato di Benedetto XVI, che lo aveva descritto in modi impropri, dovrà forse riaprire il discorso e magari rileggere quanto ha detto nei suoi discorsi anche solo in questi ultimi giorni del suo pontificato; e forse sarà, anche costui, spinto a dire “grazie”. Lo hanno già fatto alcuni che non lo avrebbero – e non lo avremmo – mai immaginato.
Benedetto XVI: grazie!
AUTORE:
Elio Bromuri