Assorbe l’entusiasmo, l’estro giocoso e l’esuberanza creativa dell’intera città la festa del patrono S. Michele Arcangelo, convogliando energie più o meno giovani nel trionfo della fantasia e nell’agonismo dei rioni. E nasce da un contesto e da un significato essenzialmente e profondamente religioso, che, senza paradossi, si radica in una manifestazione artistica capace di unire una città, anche nelle sue passate generazioni. Proprio il senso forte di una riscoperta della comunità e di una sua più salda coesione, di cui la festività riesce a rendere partecipi, è il valore sul quale il parroco, don Francesco Fongo, vuole invitare a riflettere. Don Francesco, qual è il significato principale che va accostato alla festa? “La festa dei rioni è la festa del Patrono e quindi della comunità cristiana e in modo specifico per Bastia, viene a costituirsi come uno tra gli appuntamenti più importanti dell’anno, il maggiore per eccellenza, se si escludono le festività liturgiche ordinarie. Sicuramente per la partecipazione e il vivace interesse, che stimola l’attenzione e la passione dei bastioli, ad investire la piazza nella loro numerosa presenza e a costituirsi, pur nella rivalità dei quattro rioni, come gruppo solidale di una città fortemente attaccata alle sue tradizioni ed aperta, attraverso la volontà di migliorarsi, verso molteplici possibilità future. Il valore che deve perciò essere messo in primo piano è quello della comunità e l’invito è quello di intervenire, per sentirsi parte viva di una città in fermento. Da un punto di vista più organizzativo, la festa diventa rilevante perché oltretutto fa da cerniera tra l’ultimo anno pastorale, che si va concludendo con le celebrazioni settembrine del Sacramento di Prima Comunione e del Sacramento della Cresima, e la nuova programmazione dell’anno in corso. In questo senso diventa pregnante rilanciare le attività, la vita della parrocchia, in quel momento di aggregazione fortunato, che vede l’interesse della maggior parte della popolazioni”. Che cosa si chiede ai bastioli? “Il ripartire in questo momento specifico con la vitalità delle tante attività, con il rilancio dei gruppi, funge da pretesto per interrogarsi sulla qualità della propria fede, e di che cosa essa ha bisogno per una sua individuale maturazione e trovare risposte in quello che la comunità ci offre, canalizzandolo in una riflessione personale, però non abbandonata a se stessa. Vorrei veramente che la gente capisse la ricchezza della comunità, il suo valore, e ne fosse consapevole. Oggi c’è un bisogno indispensabile di fermarsi a pensare sul significato della propria esistenza. Se prendiamo gli avvenimenti degli ultimi giorni, ci si accorge come la tragedia americana, questa tragedia collettiva, ha fermato nel silenzio un’umanità che correva verso il baratro del nulla, rapidamente verso la morte e nel non senso del suo frenetico fare. E brutalmente ci ha posto di fronte alla essenzialità della vita”. Come si pone in questo senso la festa di S. Michele Arcangelo? “La festa del Patrono ci immette in questa dimensione, rivalutando la Comunità cristiana come un punto di riferimento morale e spirituale e il vettore privilegiato verso il rapporto con l’Assoluto, di cui l’uomo ha bisogno. Per sollevare anche i pensieri di chi non è credente. In questo contesto deve essere di stimolo alla città, perché possa acquistare un volto umano nel confronto tra le varie forze, nell’accoglienza di chi ancora non ne fa parte, nella distribuzione dei beni.
Bastia: una città fortemente attaccata alle sue tradizioni
Don Francesco Fongo sul significato della festa patronale di San Michele
AUTORE:
Simona Marchetti