Non c’è nessuno così povero da non poter aiutare un altro più povero di lui”. È una convinzione che si riscontra da sempre nella storia della carità cristiana, tanto che il papa san Gregorio Magno rimprovera quel povero che rifiuta di aiutare chi sta peggio di lui. Vorrei porre questa “massima” come una saggia esortazione, mentre si avvia la terza raccolta in favore del Fondo di solidarietà promosso dalle Chiese umbre a favore degli operai che perdono il lavoro senza aver alcun ammortizzatore sociale.
Intendiamoci, si tratta di una iniziativa tutta particolare che si iscrive all’interno della attuale crisi economica e le drammatiche conseguenze occupazionali che ne derivano. La situazione, purtroppo, invece di migliorare sta mostrando segni di preoccupante peggioramento, come la stessa evoluzione politica del Paese ha dimostrato in queste settimane.
La nostra regione, assieme all’Italia e all’Europa, sta vivendo un momento non poco problematico sul piano della occupazione. Se è vero che la crisi si abbatte su tutti, mi pare evidente però che su coloro che perdono il lavoro senza aver alcun ammortizzatore il peso è schiacciante.
Come possono traversare il deserto della disoccupazione, loro e le loro famiglie, senza almeno un piccolo aiuto? Certo vi è anche il gravissimo problema della mancanza del lavoro.
I dati sulla disoccupazione in Umbria non cessano di suscitare preoccupazione soprattutto per quel che concerne il mondo giovanile e i lavoratori precari: solo nell’ultimo anno, la crisi ha provocato la perdita di 4.500 posti di lavoro e la crescita del 104% del ricorso alla cassa integrazione.
In questo orizzonte, certo non luminoso, il Fondo di solidarietà delle Chiese umbre, nato nel 2009, ha portato non poco sollievo a tanti operai e alle loro famiglie. La solidarietà dell’intera Umbria è stata straordinaria, soprattutto al momento del lancio del Fondo.
Da allora ad oggi, con la raccolta di 1milione e 850 mila euro, il Fondo ha sostenuto mensilmente più di 1.000 famiglie. È un numero considerevole per la nostra regione, anche se la risposta ha potuto soddisfare solo un terzo delle richieste giunte alle Caritas diocesane. Purtroppo, nonostante una seconda raccolta, le casse del Fondo sono ormai in esaurimento. Non resterebbe che la chiusura.
Le conseguenze sarebbero però disastrose sia per le attuali mille famiglie che si troverebbero d’improvviso troncato l’unico sostegno, sia per quei lavoratori che continuano a perdere il lavoro senza avere ammortizzatori sociali. E non considero il fatto che iniziano a fare richiesta quegli operai per i quali è scaduta la cassa integrazione e si trovano quindi nella condizione di non aver più nulla su cui contare.
Mi fa piacere sottolineare che l’intero importo è stato devoluto all’aiuto degli operai; la struttura organizzativa è totalmente gratuita. Una cosa abbiamo tutti chiara: evitare in ogni modo la chiusura del Fondo. I vescovi sono tutti concordi nel mantenerlo. Per questo si è deciso di indire una nuova raccolta. Ed è partita direttamente dai vescovi i quali hanno versato nel Fondo il proprio stipendio di un mese. Hanno inoltre deciso di destinare una parte delle entrate delle nostre diocesi ad irrobustire questo Fondo.
Naturalmente continuano tutte le attività della Caritas, della San Vincenzo, del Banco alimentare, di Sant’Egidio e delle altre associazioni che svolgono con dedizione ammirevole un preziosissimo lavoro di solidarietà.
C’è bisogno di un ulteriore gesto per far rimanere in vita il Fondo di solidarietà per questi operai. È lodevole la decisione della Presidente della Regione di aderire a questa nuova iniziativa con un congruo contributo, come pure si deve sottolineare il fatto che qualche azienda ha già risposto positivamente all’invito.
Mi auguro che anche le altre istituzioni regionali, da quelle comunali a quelle bancarie, dai sindacati agli industriali, possano portare il loro fattivo impegno per quest’opera che molte famiglie sentono come un’ancora di salvezza.
Domenica 18 dicembre, in tutte le parrocchie e le comunità ecclesiali delle otto diocesi umbre, si terrà una apposita raccolta per permettere una partecipazione larga a questo gesto di solidarietà. È la domenica prima del Natale. Pur sapendo che tutti siamo toccati dalla crisi, non possiamo chiudere gli occhi di fronte a chi più di noi è colpito. Quelle mille famiglie, e le altre ancora che hanno perso tutto, continuano a bussare alle nostre porte. Non possiamo dire loro che non c’è più nulla.
Sono un po’ com’erano Maria e Giuseppe che bussavano alle case di Betlemme. Per loro, scrive amaramente L’evangelista, “non c’era posto per loro nell’albergo”.
A noi, queste famiglie, chiedono molto meno: un piccolo aiuto. Tante piccole offerte formano una catena solidale e robusta. E a chi è tentato di pensare che ora deve preoccuparsi di sé e della propria famiglia, ricordo: “Non c’è nessuno così povero da non poter aiutare uno che è più povero di lui”. Davvero basta poco per aiutare molti! E c’è un beneficio ulteriore: questo gesto di solidarietà, mentre ci apre gli occhi su una piaga amara della società di oggi, ci aiuta anche a capire che è urgente ripensare il proprio stile di vita, perché sia meno sprecone e più parco, meno consumista e più sobrio.
Appare sempre più evidente che stiamo vivendo al di sopra delle nostre reali possibilità; dobbiamo rendercene conto e vivere, pertanto, in maniera più attenta e sobria. Evitando gli sprechi e una vita dedita freneticamente al consumo, possiamo lasciare più spazio nelle nostre giornate alle cose più belle della vita, l’amicizia, la lettura, gli incontri umani, la preghiera, l’arricchimento culturale, e così oltre. E ci libereremo dalla logica restringente dell’“io” per far crescere quella più robusta del “noi”. È la via per edificare una città a misura umana e cristiana.
Vincenzo Paglia
Vescovo di Terni – Narni – Amelia Presidente della Conferenza episcopale umbra