Bassetti ai preti e ai giovani: “L’amore del Signore ci lascia liberi”

Ogni anno si ripete l’emozione di vedere riuniti nella stessa celebrazione tutti i vescovi e tantissimi preti e religiosi delle otto diocesi umbre. L’occasione è, da tantissimi anni, la “Giornata di santificazione sacerdotale” promossa dal Santuario di Collevalenza per tutti i preti umbri. Lo schema è semplice e si ripete: preghiera comune dell’Ora media, relazione/meditazione della giornata (questa mattina don Samuele Marelli della Fondazione oratori di Milano ha parlato de “Lo sguardo di Gesù sui giovani” – ne scriveremo sul settimanale la prossima settimana), celebrazione della messa nella chiesa del Santuario e  infine pranzo insieme.

I preti sono arrivati da tutta la regione, chi da solo, chi in gruppo con il pulmino, chi presto e chi dopo aver sbrigato impegni in parrocchia, e alla fine la sala conferenze era affollata di preti di tutte le età. Ma il vero colpo d’occhio lo si ha quando entrano in basilica per la celebrazione aucaristica presieduta dall’arcivescovo di Perugia e presidente della Ceu, e ora anche della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti. Tutti vestiti di bianco, occupano le prime file delle panche solitamente destinate ai fedeli. Sono forse duecento. Non so, non li abbiamo contati. Ma sono tanti e tutti insieme, rivolti verso l’altare stendono la mano per l’epiclesi (l’invocazione dello Spirito Santo) al momento della consacrazione del pane e del vino. È il gesto proprio del sacerdote. In quel momento l’emozione è vedere tanti volti conosciuti, ciascuno con la propria debolezza e i propri limiti, eppure voce e volto di Dio che in quel gesto si fa presente e fa di questa assemblea, e non solo del pane e del vino che sono sull’altare, fa di questa assemblea veramente il suo corpo. La Chiesa è bella non perché i suoi membri siano perfetti ma perché lo Spirito la guida anche e nonostante le sue debolezze e rende presente, realmente, il Cristo in lei e attraverso di lei.

 

La comunione celebrata nell’eucarestia si manifesta fuori dalla Chiesa nella fraternità, nel salutarsi in amicizia anche se si è di diocesi diverse, di età diverse, religiosi o diocesani. Amicizie spesso nate negli anni del Seminario vissuti al Regionale umbro, uno dei tesori spirituali delle Chiese umbre.

E il Santuario di Collevalenza, con i Figli e le Figlie dell’Amore Misericordioso è un altro tesoro spirituale di questa regione. La comunità religiosa voluta dalla beata Madre Speranza, ha una attenzione e una cura speciale per il clero diocesano, e da qui nasce questo incontro che si ripete da decenni.

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Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia tenuta dal Cardinale Gualtiero Bassetti nella celebrazione eucaristica nella “Giornata di santificazione sacerdotale” promossa dal Santuario di Collevalenza per tutti i preti umbri giovedì 8 giugno 2017.

 

Carissimi fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio di Cristo,
carissimi fedeli, a tutti voi il mio fraterno saluto in questo caro Santuario, testimone dell’Amore Misericordioso di Dio per ogni uomo.

Nel Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù ci mostra il gusto per le fragilità umane, fissa quel giovane ricco nella sua debolezza e lo ama. Quanto è bello questo tratto umano e materno descritto dall’evangelista. Gesù non risponde, non spiega, non dimostra, ma esce da se stesso e con il silenzio, con lo sguardo, con il cuore annuncia il gusto per l’umano abitando le debolezze di quel tale, educandoci alla pazienza e all’attesa, trasfigurando se stesso e la persona che ha dinanzi. Dio ci fissa non per giudicarci ma per amarci, per farsi compagno di cammino con noi, per ascoltarci. A volte, forse, noi vorremmo che lui ci parli, ma spesso lui sceglie di porsi all’ascolto dei nostri sfoghi, vuole custodirci con il suo silenzio che è altra cosa dal mutismo. Dio in quel momento ci sta amando! Ed in questo mostra la sua forza! L’amore del Signore è grande e rispettoso: ci lascia liberi, anche di voltargli le spalle, di respingere il suo stesso amore.

E’ un dramma sempre presente nella storia dell’uomo: scegliere dove andare, che tipo di vita coltivare. Seguire il Signore o le ricche attrattive del mondo. La trasmissione della fede alle nuove generazioni è sempre stato un tema caro alla missione cristiana, ma oggi esso si è fatto drammaticamente urgente e decisivo. “L’esperienza quotidiana e le indagini sociologiche, pur offrendoci molteplici motivi di speranza, sono d’altra parte implacabili nel confermarci come la dimensione della fede sembra essere stata decisamente travolta dalla secolarizzazione” (Rel. Fragnelli).
Per le generazioni di oggi il tema religioso non è più al centro dei loro interessi, quando addirittura ne è completamente estraneo. Qualcosa si è non solo “inceppato” nella trasmissione della fede, anzi, radicalmente interrotto. Ciò è avvenuto sotto l’onda emotiva di un benessere diffuso, senza precedenti nella storia umana, ingigantito dalle possibilità offerte dalla tecnologia e abbinato alla convinzione che ognuno è artefice della felicità e della riuscita della propria vita. “La questione di fondo – è stato detto – è che il mondo giovanile non sente più il Vangelo come qualcosa che possa promuovere davvero la ricerca di senso né la sua stessa umanità”. Appare esserci oggi “una distanza siderale tra come si nasce, si cresce, si vive, e il Vangelo, che quando va bene è un testo antico”(Rel. Fragnelli).

Come vescovi italiani abbiamo riservato al tema dei giovani e della fede un ampio dibattito in occasione della recente Assemblea Generale di maggio. E questa mattina, come Chiese dell’Umbria, abbiamo iniziato una riflessione sul tema del prossimo Sinodo dei Vescovi, che il Santo Padre ha voluto dedicare al tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazione”. La volontà è quella di porre al centro dell’interesse di tutta la comunità ecclesiale la realtà dei giovani di oggi, che pur tra molteplici e affascinanti riflessi di speranza, sembra non avere più o addirittura non ricercare più un rapporto con la fede e la pratica religiosa.

Quante volte mi sono sentito dire da qualche sacerdote: “Mi guardo intorno alla messa domenicale, rivedo i volti dei vecchi parrocchiani, ma non ci sono più i giovani: non vengono più”! Si tratta di una realtà diffusa, più di quanto immaginiamo. Il problema ingigantisce se consideriamo che non sta venendo a mancare solo la partecipazione attiva e consapevole alla vita di comunità, ma la ricerca stessa del sacro, la ricerca, anche intima, di Dio. Eppure il Signore invita sempre tutti, specie i giovani, animati da ricerca e voglia di scoprire: “Venite e vedete”!

E’ nell’età giovanile che, insieme al travaglio interiore, sorgono nell’essere umano le domande più impetuose e travolgenti sul senso della vita e della realtà. Ma esse sembrano oggi ridursi alla pura riuscita umana e sentimentale, senza più uno sguardo al trascendente, a quegli orizzonti ultimi dove risiede il vero senso della vita. Grazie a Dio non è ovunque e sempre così. Siamo testimoni anche di dell’impegno di tanti giovani nella vita ecclesiale. Si tratta di scelte consapevoli, sempre maturate dopo profonde scelte di fede, in parrocchia o nei gruppi ecclesiali. Se i giovani sono motivati e sul serio coinvolti, sanno rispondere con generosità.

L’apostolo Giovanni nella sua prima lettera afferma: “Scrivo a voi, giovani, perché avete vinto il maligno”. Se il giovane si aggrappa a Cristo, può resistere al maligno, può farcela ad andare contro corrente per risalire il fiume in piena. Queste assolate colline dell’Umbria ci ricordano ancora l’avventura umana di due giovani, ricchi di beni, baldanzosi e amanti dei successi mondani, ma anche due meravigliosi modelli della vita cristiana, conquistata dopo aver lasciato le effimere sicurezze umane: Francesco e Chiara. Due folli di Dio che hanno saputo vincere il maligno e sotto la protezione della Chiesa, hanno cambiato il mondo con la luce della fede. Contro i giovani – ci consola l’apostolo Giovanni – il maligno non può vincere, se in loro combatte il Forte, ossia lo stesso Cristo, tramite il suo Spirito. L’animo dei ragazzi, mai sazio, vuole costruire ponti e non innalzare dei muri; vuole continuare a credere nell’altro fidandosi di lui ed affidandosi a lui. Grazie a Dio qui in Umbria, il rilancio negli ultimi anni degli oratori parrocchiali ha portato ad un promettente coinvolgimento di giovani nell’attività pastorale.

Nei giovani motivati vi è la volontà di non accontentarsi, ma di stringere i denti per arrivare dritti alla meta senza mezze misure. La loro sete di giustizia e di verità li porta a farsi custodi gli uni degli altri, vivendo l’amicizia e l’affettività come un caso serio della vita. Essi desiderano cambiare il mondo, poiché, come afferma papa Francesco nella lettera recentemente loro inviata, il loro cuore non sopporta l’ingiustizia e non può piegarsi alla cultura dello scarto né cedere alla globalizzazione dell’indifferenza. Per cui, continua il Papa, non devono aver “paura di ascoltare lo Spirito che suggerisce scelte audaci”, improntate ad una logica di donazione e di amore, non di morte e di emarginazione, come quella che ha indotto molti giovani al suicidio o allo sciupio della vita, vittime di un gioco brutale e privo di senso. Come Chiesa, dobbiamo essere capaci di far capire che solo Dio “è capace di istruirci su come costruire una vicenda umana degna di questo nome” (Rel. Fragnelli).
Far risplendere il “volto umano di Gesù” può aiutare i giovani ad identificarsi con Lui e a riscoprirne l’autenticità e la bellezza. Uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare sono le cinque vie, percorrendo le quali si può scorgere il gusto per l’umano, quello che i giovani devono saper riscoprire, come ci siamo detti a Firenze nel Convegno Ecclesiale Italiano. Avere il gusto per ciò che è umano significa appassionarsi delle fragilità altrui, facendole divenire punti di forza e non di debolezza. Solo con lo “stare accanto” ai giovani e camminando a fianco li si può aiutare ad aprirsi alla vita della fede e questa è certamente una grande sfida per noi vescovi e per tutti i sacerdoti.
Il mondo ecclesiale e quello giovanile devono sapersi incontrare e aiutare vicendevolmente per aprirsi alle “grandi cose” che Dio continua a fare di generazione in generazione, come ha fatto con la giovane Maria, che noi oggi invochiamo come stella della nuova evangelizzazione, essa che ancor giovanissima, toccata dalla grazia di Dio, trovò la forza e il coraggio per pronunciare il sì di una adesione totale al Signore. La Vergine Maria sia il modello per le giovani generazioni perché non si smarriscano dinanzi ai dubbi e alle difficoltà, ma aprano il loro cuore all’amore di Dio. Amen!

†Gualtiero Bassetti,
cardinale, arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, presidente Ceu e Cei