C’era da aspettarselo. Troppi gli interessi in campo, i poteri da gestire, e non solo quelli economici, e poi quel continuo rinvio del pronunciamento da parte della commissione antitrust dell’Unione europea sulla questione della fusione Inoxum-Outokumpu. Rimandi che sono diventati dei “comandi” o quantomeno indicazioni perentorie, culminate con l’esplicitazione che in Europa, per garantire un regime di libera concorrenza, debbano esserci quattro produttori di acciaio inox, contro gli attuali tre. E così l’Acciai speciali Terni torna sul mercato, di nuovo in vendita.
La situazione è piuttosto complessa e investe diversi ambiti con attori e comprimari che potrebbero determinare il futuro dell’acciaieria, anche se la supervisione della Commissione europea per la concorrenza, che avrà l’ultima parola, non si sa quanto, visto quello che ha disposto finora, possa essere una garanzia.
Tutto comincia in febbraio con la proposta di fusione dell’Inoxum (società nata dallo scorporo del settore inox della multinazionale tedesca ThyssenKrupp) e Outokumpu, multinazionale finlandese. Due colossi nella produzione dell’acciaio. La formulazione iniziale del progetto trova ostacoli nell’Ue, e così Outokumpu cerca di correggere il tiro formulando una proposta alternativa, nella quale si mette a disposizione del mercato la produzione svedese Averstal, due linee a freddo e una a caldo dell’Ast per ridimensionare la possibile posizione dominante in Europa.
La proposta è ancora al vaglio dell’Antitrust, ma i test di mercato hanno fatto capire che le possibilità che superi l’esame sono assai scarse tanto da indurre Outokumpu a formulare altri correttivi, pur di raggiungere l’obiettivo, mettendo così in vendita e di fatto rinunciando al sito integrato Ast di Terni, a detta di tutti uno dei gioielli della nuova società, più tre centri servizi in Francia, Germania e Regno Unito.
“Il correttivo proposto non riguarda tagli al personale o la chiusura dello stabilimento di Terni – specificano i dirigenti di Outokumpu in un comunicato diffuso nei giorni scorsi -. L’elemento chiave è la cessione di queste attività a un compratore che continui le stesse, contribuendo alla concorrenza sul mercato europeo”. Parole che suonano come forti stonature e aliomentano la rabbia. Sul possibile acquirente solo ipotesi astratte che arrivano a toccare varie parti del mondo o aziende più vicine a casa nostra.
Un gioiello, l’acciaieria, che ha dato lustro a Terni e all’Italia e che forse sarebbe opportuno avesse un futuro sicuro e meno tormentato grazie a un impegno determinato e autorevole del Governo italiano. E – perché no – far tornare la fabbrica dell’acciaio in mani italiane. La partita è tutta da giocare.