È stato accolto dalla Caritas diocesana di Assisi a giugno dello scorso anno, il rifugiato eritreo Abrhaley Tesfagergs Habte che con la sua testimonianza ha toccato il cuore dei presenti al convegno “Corridoi umanitari per un’Europa solidale” tenutosi lunedì 1° luglio a Montecitorio.
Il convegno ha riunito le istituzioni, i rifugiati e i promotori degli stessi corridoi umanitari, che finora hanno portato in salvo oltre 2.600 rifugiati vulnerabili.
Accompagnato dalla vice direttrice della Caritas, Rossana Galiandro, Abrhaley è uno dei 24 rifugiati eritrei giunti nella città serafica grazie ai corridoi umanitari. Tra loro anche un giovane che a gennaio di quest’anno ha potuto ricongiungersi alla moglie; la coppia vive ora in vescovado in un appartamento vicino alla sala della Spogliazione.
“Sono consapevole – ha detto Abrhaley che la mia presenza di fronte a voi oggi è quella di un uomo debole. Prima, gli uomini e le donne potenti. L’immagine che vedo nella mia mente è quella di un uomo insignificante presentata alla vista dei grandi”. L’uomo, che ha 29 anni e che all’età di 5 anni nel suo Paese ha perso la vista a causa dell’esplosione di una mina, ha due lauree conseguite in Africa e attualmente è iscritto al corso di Lingua e cultura italiana all’Università per Stranieri di Perugia.
Durante il suo intervento ha ripercorso brevemente la sua vita, spiegando di essere stato costretto a fuggire dal suo Paese perché era diventato pericoloso vivere lì a causa della sua fede cristiana pentecostale. “Il regime eritreo – ha spiegato – ha vietato tale fede, perseguitando i pentecostali”.
Dopo alcune settimane in Sudan ha raggiunto l’Etiopia. “Qui ho cercato di avere una vita indipendente e produttiva, ma nonostante ciò sono stato costretto a entrare in uno dei tanti campi profughi del Paese. È stato uno dei periodi più difficili della mia vita. Ho trovato il campo profughi come un luogo di disperazione”.
Infine ha spiegato che grazie ai corridoi umanitari la sua esistenza ha avuto un nuovo inizio. “Ora ho un livello di sicurezza fisica che non avevo mai avuto prima. Ho più pace e più riposo, ma non significa che non ho sfide. Ho deciso infatti di sfruttare al meglio le opportunità disponibili, di utilizzare al massimo le mie risorse, di camminare nella fede, di esercitare l’amore e di continuare a sperare per il meglio. Questo mi impegnerò a fare fino alla fine”.
Antonella Porzi