Il prossimo ottobre il Papa sarà di nuovo ad Assisi per rinnovare e aggiornare i messaggi che la storica Giornata del 1986 propose al mondo e che purtroppo non sono stati pienamente compresi e applicati. Anzi la situazione si è ulteriormente degradata. Ricordo quell’avvenimento come uno dei momenti più avvolgenti della mia vita di sacerdote e di vescovo. Ci fu un’organizzazione straordinaria: migliaia di giornalisti e di reti televisive da ogni parte del mondo; oltre 5.000 illustri ospiti accolti gratuitamente, e ci fu, ed è l’aspetto che ancora oggi ricordo con maggiore commozione, una corale condivisione e partecipazione: istituzioni pubbliche, famiglie francescane e religiose, comuni cittadini, tutti furono concordi nel dare una mano e nel fare la loro parte. In tutti c’era la consapevolezza di vivere un momento unico e di compiere un gesto che avrebbe potuto indicare la strada da percorrere per avere un futuro migliore. Ora il Papa, attento e preoccupato per la situazione del mondo, rinnova quello storico avvenimento per indurre tutti i credenti a unirsi e a mostrare l’amore e i valori che provengono dal riconoscimento di un Dio Padre di tutti. Infatti anche oggi esistono gli Erodi che uccidono gli innocenti: i rumori sinistri delle violenze e delle guerre aggravano le sofferenze di molti popoli; la libertà di coscienza e di religione, aspetti ineliminabili della dignità umana, è largamente violata; le minoranze sono perseguitate; i cristiani derisi e uccisi; le frange del fondamentalismo islamico appaiono e scompaiono con efferata crudeltà; il laicismo deride i simboli religiosi, in particolare quelli cristiani, nella illusione di creare spazi di benessere col vuoto e l’assenza di precisi valori morali e spirituali. Urge che le religioni si rivelino per quello che sono, e cioè aggregazioni che, al di là delle loro differenze, si chinano sulle piaghe del mondo e sono fonti genuine di rispetto, di fraternità e di impegno per il bene comune: il mondo è la grande casa di Dio e ogni uomo merita attenzione e amore. Spero vivamente che la preghiera corale che sarà elevata al cielo aiuti a scoprire i progetti di Dio e ci dia la forza per poterli realizzare. Il Papa nella nota intervista a Peter Seewald ha dichiarato: “La cosa importante, oggi, è che si veda di nuovo che Dio c’è, che Dio ci riguarda e che ci risponde. E che, al contrario, quando viene a mancare, tutto può anche essere razionale quanto si vuole ma l’uomo perde la sua dignità e la sua specifica umanità e così crolla l’essenziale” (Luce nel mondo, p. 100). Un episodio del 1986 mi fa ricordare un rischio che potrebbe ripetersi. Al termine della Giornata, un noto professionista di Perugia mi chiese con insistenza di poter incontrare il cardinale nigeriano Francis Arinze. Per la verità alcuni miei amici mi avevano avvertito che il personaggio odorava fortemente di massoneria. Ne ebbi subito la conferma. Infatti parlò con entusiasmo della Giornata, e in sintesi disse che aveva visto realizzata la religione universale, quella cioè di un Dio che sta in alto a guardare come grande archetipo dell’universo e noi quaggiù a penare e a faticare. Il diffuso relativismo, per cui la verità oggettiva è guardata con sospetto ed è considerata una specie di intransigenza, l’individualismo che è penetrato anche nella vita religiosa – si pensi alle sette e alle Chiese autonome che si diffondono soprattutto in America latina – e l’eterna tentazione dell’uomo a rivestirsi di un abito religioso fatto a suo uso e misura, sono insidie reali che vanno attentamente evitate. La stima e il rispetto che si devono alla religioni per i valori etici e morali che portano avanti in un mondo secolarizzato e ripiegato sulle cose terrene, non possono far dimenticare le differenze profonde che esistono. Benedetto XVI nella sua riconosciuta cultura e nel suo lungo e chiaro magistero che da tempo svolge su questi argomenti è la garanzia più qualificata perché questi pericoli siano evitati, e si confermi la pace e la concordia tra quanti credono in Dio.