Sulla Shoah, lo sterminio degli ebrei nella Germania nazista e nei territori da essa occupati, è stato detto e scritto tutto l’umanamente possibile; ogni aspetto è stato sviscerato, arrivando fino a mettere sotto accusa papa Pio XII. Il Papa tedesco, Benedetto XVI, è andato in pellegrinaggio ad Auschwitz.
Ma a nessuno viene in mente di colpevolizzare o discriminare il popolo tedesco di oggi e il suo Governo. Grazie anche al fatto che i tedeschi, da parte loro, hanno avuto l’intelligenza e la moralità di non negare nulla, non nascondere nulla, non giustificare nulla, sforzandosi semmai di dimostrare che, oggi, non rappresentano più un pericolo.
A quanto pare, la Turchia non ha imparato questa lezione. Il massacro del popolo armeno nel 1915 c’è stato, ha riguardato un numero di persone che le stime più accettate indicano in un milione e mezzo; si dovrebbero aggiungere tutti quelli che ebbero la ventura di sopravvivere ma comunque avevano perso le famiglie, le case, i beni, disperdendosi come esuli nelle quattro parti del mondo.
Tutto questo perché loro – i morti e gli esuli – avevano una sola colpa, quella di essere armeni in territori soggetti alla sovranità dell’Impero ottomano, ossia “diversi” per etnia, lingua, cultura e religione. Proprio quest’ultimo aspetto giustifica la parola “genocidio”. Certo, le modalità furono diverse da quelle dello sterminio degli ebrei: non ci furono quell’organizzazione “scientifica” e quella precisione burocratica di cui i tedeschi danno prova nel bene e nel male (però è anche vero che nell’Impero ottomano del 1915 c’erano numerosi tedeschi come alti ufficiali e alti funzionari civili).
Insomma, l’atteggiamento del Governo turco di oggi è, prima che sbagliato, incomprensibile e controproducente.
Il Papa ha ricordato il dolore di quella tragedia, collegandola alle altre analoghe che ancora sono in corso, ma non ha mosso accuse alla Turchia di oggi. Con la loro reazione, i turchi si mettono da soli dalla parte del torto.