Un appello perché in Sudan, Uganda, Ciad, Repubblica democratica del Congo e Repubblica Centrafricana “il linguaggio delle armi sia sostituito da quello del dialogo e delle trattative” è contenuto nella lettera che i Padri riuniti nel Sinodo per l’Africa (Roma, 4-25 ottobre) hanno inviato ai Presidenti delle Conferenze episcopali di alcuni Paesi nella regione dei Grandi Laghi. La lettera, firmata da mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e dai tre Presidenti delegati, è stata letta in apertura della 17a congregazione generale della seconda assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi. Successivamente ha avuto luogo la presentazione della lista unificata delle 54 proposte che saranno consegnate al Santo Padre affinché le tenga in considerazione al momento di redigere l’esortazione apostolica post-sinodale. I Padri sinodali hanno inoltre partecipato alla seconda votazione per eleggere i membri del Consiglio ordinario della segreteria generale del Sinodo, che si costituisce al termine di ogni assemblea generale ordinaria. Si compone di 15 membri, 12 dei quali sono eletti dallo stesso Sinodo e tre sono scelti dal Papa. Troppe vittime innocenti. “Noi Padri sinodali – si legge nella lettera – abbiamo appreso con profondo dolore che nelle diocesi situate nella regione dei Grandi Laghi perdurano azioni belliche che producono distruzioni, violenze, morte tra la popolazione innocente… Per salvare la propria vita, centinaia di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case e a rifugiarsi nei Paesi limitrofi in condizioni di estrema precarietà. Non mancano, poi, preoccupanti fenomeni di bambini soldato, di orfani, di mutilati di guerra e di persone con gravi problemi di salute fisica e psichica”. I Padri sinodali si rivolgono “a tutte le parti in causa implorando che quanto prima il linguaggio delle armi sia sostituito da quello del dialogo e delle trattative. Con il dialogo – affermano – nel rispetto reciproco e nella pace, tutti i problemi possono essere risolti. La guerra, invece, rende tutto più difficile e in particolare tenta di trasformare i fratelli in nemici da abbattere”. Aprirsi alla riconciliazione. Nella lettera i Vescovi ricordano che “non è lecito uccidere innocenti per alcun motivo sociale, politico, etnico, razziale o religioso. Il sangue degli innocenti grida vendetta di fronte a Dio, che prima o poi dovrà giudicare anche coloro che hanno macchiato le loro mani con il sangue dei poveri, che sono i privilegiati di Dio. Mentre stiamo riflettendo sulla riconciliazione, la giustizia e la pace – aggiungono – imploriamo, per intercessione di tutti i santi nati in Africa, il dono della pace perché si possa instaurare la giustizia ove è gravemente infranta, e i cuori siano aperti alla grazia della riconciliazione con Dio e con il prossimo non solamente nella regione dei Grandi Laghi, bensì in tutta l’Africa”. Un kit sanitario di pronto soccorso. La carenza di strutture sanitarie è uno dei principali problemi del Continente africano. Un kit sanitario di pronto soccorso con strumentazione medica di prima necessità è stato offerto in questi giorni a ciascuno dei 275 Padri sinodali da parte del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari, in collaborazione con l’ambasciata della Repubblica di Cina (Taiwan) presso la Santa Sede. I kit sono stati consegnati durante una pausa dei lavori. Nell’occasione, il presidente del dicastero, mons. Zygmunt Zimowski, e l’ambasciatore di Taiwan, Larry Yu-Yuan Wang, hanno presentato due esemplari speciali dei kit a Benedetto XVI e al card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, presenti alla cerimonia. Il kit, che fra l’altro consente l’immediata verifica della pressione sanguigna e del battito cardiaco, è di dimensioni ridotte e perciò facilmente trasportabile. ”È stato studiato – dice mons. José L.Redrado, segretario del dicastero vaticano – per poter essere di ausilio ai presuli in tutte le loro missioni sul campo, spesso realizzate in condizioni di grande difficoltà e in ambiti poveri, se non privi, di infrastrutture sanitarie”. Una cassetta di pronto soccorso che è soprattutto “un segno di solidarietà e di comunione con le popolazioni – conclude il segretario del Pontificio consiglio – anche quelle delle aree più remote”.