Anche nei giorni feriali?

Abatjour

‘Perché dici questo cose?’. ‘ l’e-mail di un vecchio amico, che fa riferimento alla chiusura dell’abat jour della scorsa settimana. Dice: ‘Dicendo che la Chiesa impiega solo in minima parte il potenziale di liberazione dei poveri di cui il Signore l’ha dotata, fai il gioco dei mangiapreti!’. Caro amico antico e doc, no, non faccio il gioco dei mangiapreti. Quel gioco lo fa l’integralista che non si vergogna di portare il rosario in una mano mentre con l’altra mano scrive sul muro ‘Peppino boia!’; lo fa il talebano cattolico che ha contratto il complesso di primo della classe e vede in tutti i suoi fratelli uomini sempre e soltanto gente da convertire. Poverini, sono stai subornati – ahimé! – addirittura dal Manzoni, quando di fronte al cadavere di Napoleone si lasciò scappare l’espressione: ‘Bella, immortal, benefica fede ai trionfi avvezza!’. O don Lisander, ma quali ‘trionfi’?! Dio ce guardi, quali ‘trionfi’?! Sull’obelisco di piazza San Pietro, come sulle principali vette alpine e andine c’è la croce; e quelli di Semonte, prima sulla montagna che sovrasta il loro paese, poi sopra il campanile che hanno costruito in onore di don Armando, prete ex ‘campanaro del Campanone’, ci hanno messo non un breuccio qualsiasi, ma la croce. L’emblema di un trionfo, certo!, ma del tutto’ sui generis.Se sviluppassimo nella pastorale feriali le implicazioni del primato della croce, il potenziale di liberazione dei poveri di cui il Signore ha dotato la sua (e nostra) Chiesa sarebbe al top. ‘Io sono venuto non per essere servito, ma per servire, e per dare la vita in riscatto per molti’. Commenta Bruno Maggioni: primo, ‘non per essere servito’: volevo tenermi alla larga da quell’infima minoranza di mezze calzette che, nel mondo in cui sono nato, riusciva sempre comunque a farsi servire e riverire. Secondo, ‘ma per servire’: non ‘per fare una bella esperienza di volontariato’, ma per mettermi dalla parte di quella stragrande maggioranza di uomini che dovrà sempre e comunque chinare il capo alla volontà di qualcun altro, ringraziando (come fa Fantozzi in uno dei suoi tristissimi film) ad ogni calcio che gli arriva nel fondoschiena. Terzo, ‘per dare la vita’. Non ‘per morire’, ma per mettere la vita a disposizione, visto che per sua natura questo ci chiede la vita: ci chiede di dimenticarsene per possederla, ci chiede di metterla al servizio degli altri per realizzarla in pienezza. Quarto, ‘in riscatto per molti’: per la liberazione integrale, anima e corpo, vita privata e vita pubblica, di tutti gli uomini, che sono una moltitudine. Caro amico antico e doc, ti pare che un’esegesi di questo tipo sia alla base della nostra pastorale, oltre che dei nostri discorsi? Anche nei giorni feriali?

AUTORE: A cura di Angelo M. Fanucci