Anche l’Umbria cela il disagio

Presentato il Terzo rapporto dell'Osservatorio regionale sulle povertà. Indagata la 'mobilità sociale'

Curato dall’Agenzia Umbria Ricerche e realizzato nell’ambito del protocollo d’intesa tra la Regione dell’Umbria e la Conferenza Episcopale Umbra, è stato presentato a Terni il terzo rapporto dell’Osservatorio sulle povertà in Umbria riguardante “La mobilità sociale e disuguaglianza”. I dati emersi rivelano un volto dell’Umbria che solo in parte si discosta dalla media nazionale. Una regione in cui si vive mediamente bene, ma che rivela delle disuguaglianze tra strati sociali, più evidenti rispetto alle altre. Elemento di fondo è che la povertà si esplica come portato delle disparità connesse alla stratificazione sociale, volti nuovi della povertà legati alla crisi del Welfare state e ai processi di impoverimento. Una povertà presente in alcuni casi in maniera strutturale, affiancata però dalle nuove povertà “mimetiche”, quelle delle famiglie con occupati a basso reddito e basso titolo di studio, con persone in cerca di lavoro, anziani e pensionati, o anche di persone con titolo di studio elevato ma non occupate adeguatamente. Tutte situazioni che evidenziano comunque la necessità di politiche di contrasto della disuguaglianza sociale che ne consegue. Il numero delle famiglie umbre al di sotto della soglia di povertà (rappresentata da una spesa di 830 euro mensili) è passato dal 6,4% del 2002 (circa 20.500 nuclei familiari) all’8,4% del 2003 (circa 27.000). Il dato, però, avvertono gli autori del rapporto, Paolo Montesperelli, Chiara Vivoli e Stefano Patriarca,deve essere valutato per ciò che è, ovvero più che una indicazione sui numeri una indicazione di tendenza. Si tratta di una questione tecnica che deriva dalla insufficiente numerosità del campione Istat, che non consente nè di essere precisi, spiega Montesperelli, (l’Istat indica l’8,4% come valore medio tra un possibile minimo di 5,7% e un massimo di 11,1% di famiglie povere) nè di scendere in dettagli territoriali. Di queste famiglie povere circa il 2% possono essere considerate “molto povere”, alle quali manca il necessario per vivere, mentre il 4% è appena al di sotto della soglia di povertà. “Molte però sono le famiglie al limite, per le quali basta poco per scendere dalla sufficienza al di sotto della soglia, generando situazioni di fragilità e precarietà anche psicologica” ha ricordato il vescovo di Terni mons. Paglia nel corso della presentazione. Diverso il dato per quanto riguarda la percezione della povertà: in questo gli umbri si sentono meno poveri rispetto al resto d’Italia. Il rischio povertà risulta più elevato nei casi in cui sono assenti le risorse sociali, come l’istruzione, che consentono di migliorare le condizioni di vita. Un titolo di studio basso aumenta il rischio di povertà in quanto non consente di accedere a livelli elevati di reddito e limita l’accesso al mercato del lavoro. Altro fattore che incide notevolmente è la situazione familiare: sono i più a rischio i nuclei “monogenitori” e quelli con anziani che vivono da soli. L’indagine sulla mobilità sociale (condotta dall’Aur sulla base dell’Indagine retrospettiva sulle famiglie umbre condotta nel 2001-2 su un campione di 518 famiglie umbre) rileva come le opportunità educative risentano della provenienza sociale d’origine e come questo inevitabilmente incida specie sulla prima occupazione. Un figlio della classe borghese ha 30 volte più probabilità di laurearsi rispetto ad un figlio della classe operaia. E se è vero che le opportunità di studio sono aumentate per tutti, l’indagine mostra che “alla crescita dell’istruzione non si è accompagnata una sua più eguale distribuzione”, in linea con i dati nazionali, anche se nella nostra regione, commenta Montesperelli “si registra un valore di disuguaglianza un po’ più alto rispetto al resto d’Italia”. In un quadro generale di diminuzione del rendimento dei titoli di studio, diploma o laurea determinano la posizione occupazionale anche se il loro possesso non garantisce sempre un miglioramento sociale, e la loro mancanza può condurre ad una classe sociale più bassa. I commenti al Rapporto”I POVERI CRESCONO. OCCORRONO NUOVE POLITICHE SOCIALI” Mons. Riccardo Fontana, arcivescovo di Spoleto-Norcia, delegato Ceu per la Caritas”Esiste una fascia della popolazione umbra che sta davvero male. Questa situazione, che negli anni mostra una significativa costante, interpella le Chiese perché non restino insensibili di fronte alla sofferenza. Lo stesso fenomeno ci interpella come cittadini: occorre inventare nuove politiche sociali regionali che sostanzino i progetti di sviluppo che la Regione si propone, soprattutto quelli che sta cercando di identificare in questi anni”. “Ricordiamoci – ha aggiunto – che ci sono molte persone che nell’ultima settimana del mese non riescono a mangiare la frutta perché non hanno i soldi. Non è lecito a nessuno il permesso di smantellare lo stato sociale. I poveri crescono e lo dimostra il fatto che il fenomeno dell’usura sta aumentando. Il calo di contributi del governo ai Comuni porterà ad un aumento dei poveri”. MOLTE LE FAMIGLIE A RISCHIO DI POVERTÈMons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia”Oggi parlare di uguaglianza è una cosa rara. Nella stessa carta europea si è dovuto lavorare molto per porre l’uguaglianza tra i valori portati della cultura europea. Se si vogliono rispedire indietro gli immigrati e si prova ad eliminare la cooperazione, mi chiedo quale società stiamo costruendo. È necessario tenere presente la fragilità che riscontriamo in tante famiglie umbre, spinte sotto la normalità quando succedono imprevisti. Nella nostra società si discute tanto ma i poveri non hanno il tempo né di dibattere, né di discutere”. “PREOCCUPATI PER LE CARENZE DEL WELFARE” Gaia Grossi, assessore regionale alle politiche socialiHa espresso “preoccupazione” per le “carenze del welfare che disegnano nuovi profili nel volto dell’emarginazione e dell’esclusione. Ci allarma ancor più – ha detto – la riduzione di risorse finanziarie stanziate dal Governo nazionale per le politiche sociali regionali e locali a fronte di nuovi e più gravosi compiti che vengono attribuiti dal governo centrale a quello locale”. “L’osservatorio sulle povertà – ha aggiunto – può offrire elementi utili alla valutazione sull’efficacia del welfare e che oggi sono numerosi i piani di zona che utilizzano i rapporti sulle povertà per analizzare l’esclusione sociale”.

AUTORE: Elisabetta Lomoro - Maria Rita Valli