Anche l’indifferenza è violenza

All’indomani della manifestazione di sabato a Roma, fermarsi agli scontri significa negare le ragioni dei giovani

Abbiamo tenuto per lunghe ore gli occhi incollati al video mentre le immagini scorrevano mostrando aspetti diversi della terribile giornata romana. Come tutti, abbiamo visto, abbiamo ascoltato, abbiamo pensato. Tra le molte immagini è rimasta in particolare quella del volto di una ragazza, una portavoce degli “indignati” non violenti. Una voce quasi spezzata in gola per l’amarezza provata di fronte alla tragedia che si era consumata in una giornata in cui la democrazia prendeva il volto di tanti giovani e scendeva serenamente in piazza.Come l’altro 99 per cento dei manifestanti, questa ragazza avvertiva il pesante tradimento di coetanei animati solo dalla voglia di distruzione, di sfascio e di morte. Avvertiva anche il tradimento di quei media e di quella politica che sostavano sulla violenza ma non sulla non-violenza, e ancor meno sulle ragioni di una manifestazione. In verità i media, grazie forse a questa giovane donna, hanno compreso che in quell’ora grave il dovere e il diritto di cronaca non potevano fermarsi al racconto della barbarie di vigliacchi mascherati alla quale si contrapponeva il grande coraggio delle forze dell’ordine che, non bisogna dimenticare, sono composte anche da giovani. Il tradimento, aggravandosi ancor più, si è consumato in una violenza che ha approfittato dell’ingenuità che gli stessi manifestanti hanno ammesso sulle proprie misure di sicurezza. Bisogna ora fermare i tradimenti. Occorre individuare e punire i violenti sul campo, ma occorre anche individuare e colpire chi tiene le fila di questa – non nuova – strategia del terrore. È doveroso, ma non basta neppure fermarsi alle distinzioni tra violenti e non violenti, se queste distinzioni rimangono pronunciamenti di principio senza conseguenti risposte concrete. La società e la politica sono state bruscamente chiamate all’ascolto dal disagio delle nuove generazioni, che si sentono sempre più svalorizzate. La frattura tra le nuove generazioni e quelle adulte sta crescendo per le troppe promesse non mantenute, per il furto della memoria e della speranza, per l’egoismo di pochi di fronte alla fragilità e alla precarietà di molti. I giovani, anche sabato lo si è notato, non sempre sanno articolare con ragionamento politico puntuale le loro attese e le loro proposte, ma questo non è un motivo per tradirli lasciandoli in una debolezza di cui peraltro non sono responsabili. Quanto è accaduto a Roma non può dunque essere consegnato solo alla cronaca nera. Occorre un supplemento di intelligenza per capire le ragioni di quanti sono nel disagio, ragioni che sono state ferite ma non uccise dalla brutale violenza. Occorre andare più avanti perché ci sono altre violenze da respingere: l’indifferenza, la mediocrità, il giovanilismo di maniera, il rifiuto di ascoltare e di ascoltarsi. I giovani, dopo la drammatica esperienza di ieri, stanno riprendendo la parola: le loro ragioni sono state ferite, ma sono più vive che mai.

AUTORE: Paolo Bustaffa